Lunedì, 18 Giugno 2018 18:47

Europa al bivio

Gli italiani e le italiane hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni europee. Lo ha certificato l’ultimo rapporto del sondaggio Eurobarometro sull’Italia, che ha registrato un aumento degli sfiduciati dal 48%, rilevato nel precedente rapporto, al 52% di oggi. Presentato lo scorso 22 marzo, in realtà lo studio mostra risultati ricchi di paradossi: da un lato la sfiducia, dall’altro la richiesta di un’Europa diversa, più presente, più attiva, anche in campi tradizionalmente di competenza nazionale.
Eppure, il 58% della popolazione italiana, sebbene molto meno della media nell’Unione Europea, pari al 72%, è convinta che stare insieme aiuti ad affrontare con maggiore efficacia le sfide della globalizzazione.

Percezione distorta
Indubbiamente, la crisi economica e occupazionale e i cortocircuiti innescati proprio dalla globalizzazione hanno provocato conseguenze sociali responsabili di un profondo cambiamento nell’opinione pubblica, e i social media lo hanno agevolato e amplificato. Ben il 62% degli italiani li ritiene un modo moderno per informarsi di politica, mentre il 61% (in calo rispetto al 69% rilevato precedentemente) dice di non sentirsi sufficientemente informato sugli affari politici europei.

A una carenza di comunicazione da parte delle istituzioni corrisponde un insieme di stereotipi e miti diffusi dal web: le cosiddette fake news, le notizie false. Una più pericolosa declinazione del fenomeno, attraverso l’indebita semplificazione di un evento estremamente complesso da definire, mira a creare un movimento di opinione ostile. Una somma dunque di verità, “non-verità” e omissioni, che contribuiscono a diffondere una percezione distorta.

Quale ladrocinio?
Una di queste fake news riguarda il bilancio dell’Ue. Oggi l’Italia è il terzo contributore netto al bilancio dell’Unione, al seguito di Germania e Francia. Significa che il nostro Paese versa nelle casse di Bruxelles più di quanto effettivamente riceva. Nel 2016 l’Italia ha contribuito al bilancio con più di 16 miliardi di euro e ne ha ricevuti circa 11, destinati prevalentemente alle politiche di coesione.

Nonostante il bilancio Ue rappresenti appena l’1% del Pil medio degli Stati membri, l’euroscetticismo ha addotto tale dato per argomentare quanto sia superfluo essere parte dell’Unione. C’è chi arriva a definirlo ladrocinio, eppure il 94% del budget Ue è reinvestito direttamente sui territori, mentre solo il 6% serve al funzionamento dell’apparato istituzionale.

Benefici oltre le cifre
Non è possibile definire i vantaggi che derivano dall’essere parte di una comunità di oltre 500 milioni di persone ricorrendo soltanto a un mero calcolo aritmetico.
La pace, la stabilità politica, la sicurezza e la possibilità di risiedere, lavorare, studiare e viaggiare liberamente in tutto il territorio dell’Ue sono valori difficili da racchiudere in un numero. A questo si aggiunge il vantaggio di avere regole comuni, che, senza frontiere, permettono alle imprese di offrire in un mercato più ampio ciò che il nostro Paese produce, mantenendo posti di lavoro in un sistema economico sempre più internazionalizzato. Un dato offre il senso delle proporzioni: ben il 56% delle esportazioni italiane avviene all’interno del territorio dell’Ue.

Esistono poi vantaggi che i cittadini faticano a ricondurre all’Ue, ma che nascono proprio grazie al progetto europeo. Pensiamo a una base di diritti comuni, pensiamo alle garanzie in tema di sicurezza e salute per i consumatori, o, molto più semplicemente, all’annullamento dei costi di roaming. Una misura apparentemente modesta, che tuttavia, in una società dove la connettività è sempre più un diritto fondamentale, rappresenta un passo in avanti di enorme importanza per tutti i cittadini.

E ancora, pensiamo a come le compagnie low cost abbiano dato la possibilità di viaggiare in tutta Europa a prezzi molto più accessibili rispetto al passato. Ciò è dovuto in gran parte a un’iniziativa Ue che ha permesso l’armonizzazione di una serie di leggi nazionali attraverso un unico insieme di regole europee. Questo ha permesso di creare spazi di concorrenza che hanno portato grandi cambiamenti nel trasporto aereo, contribuendo con successo ad avvicinare i popoli europei.

Imperfetta e migliorabile
Nelle scorse puntate di questa rubrica ho voluto raccontare le istituzioni Ue, spiegare come il concetto di “eurocrazia”, ovvero di un’Europa costruita da burocrati, sia in realtà fuorviante, perché paradossalmente nega l’opportunità per cittadini e cittadine di esprimere le proprie opinioni attraverso la partecipazione consapevole al voto, nazionale ed europeo.
L’Ue è un’istituzione democratica, che forma le proprie decisioni attraverso il negoziato, la mediazione e il continuo dialogo tra popoli e culture diverse, conciliando interessi apparentemente divergenti.

Come altre iniziative umane, anche l’Ue è imperfetta, migliorabile, riformabile, e oggi si trova a un bivio: possiamo portare istanze sociali per anni disattese e che hanno alimentato il sentimento euroscettico espresso oggi da milioni di cittadini.

È necessario riscoprire l’anima delle istituzioni, un’anima che deve trovare il suo fondamento in un nuovo pilastro europeo dei diritti sociali, che rivolga la propria attenzione ai più deboli. Un’Europa sociale che il gruppo S&D (Socialisti e Democratici) al Parlamento europeo chiede da tempo e che ha visto gettare le proprie basi nella dichiarazione sottoscritta congiuntamente dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione durante il vertice sociale per l’occupazione equa e la crescita tenutosi il 17 novembre scorso a Göteborg, in Svezia.

Passi di equità
Molto c’è da fare anche sul fronte delle diverse forme di dumping, sul piano sia fiscale sia salariale. Le delocalizzazioni selvagge che profittano delle differenze salariali all’interno dell’Ue non possono essere più tollerate. L’impresa ha una responsabilità verso la comunità che la accoglie. Tradirla non può più essere un’opzione.

Continua...

Last modified on Lunedì, 18 Giugno 2018 19:01

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