«Non si possono cancellare le tracce di coloro che hanno osato coltivare il bene», ha detto monsignor Claudio Cipolla, vescovo di Padova, alla presenza del sindaco, Roberto Rigoni Stern, del parroco, don Roberto Bonomo, e di tanti congiunti della famiglia Paganin. Una cerimonia semplice, partecipata e... coltivata da anni.
Francesco Manzoni, ingegnere informatico e marito di Rosita Paganin, ha recuperato le tracce delle due missionarie: il trisavolo di Rosita e il nonno di Giovanna e Vittoria erano fratelli.Con dedizione e pazienza, ha raccolto corrispondenze che emergevano occasionalmente in famiglia; poi ha preso contatto con le due congregazioni religiose per raccogliere altr...
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In questo periodo ho avuto la possibilità di visitare la prefettura apostolica di Robe. Situata a 2.700 metri d’altezza in una zona remota nel sud dell’Etiopia, si estende su un altipiano che confina con la Somalia e il Kenya. Sono stato accompagnato dallo stesso prefetto apostolico, padre Angelo Antolini, un cappuccino originario delle Marche. È in Etiopia da più di trent’anni. Questa piccolissima esperienza di Chiesa cattolica è una presenza che diremmo insignificante, secondo i nostri parametri efficientisti, eppure brilla di una luce capace di rischiarare il cammino del popolo Oromo e di dare un piccolo, ma significativo, contributo ai percor...
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Sono arrivata a Wau nel 1955: avevo 26 anni. Fino a Khartoum ho viaggiato con l’aereo di linea inglese, poi con un piccolo aereo a elica. A Wau siamo atterrati su un prato d’erba. Sono stata la prima comboniana a viaggiare in aereo, perché all’ospedale era urgente sostituire il personale inglese che stava lasciando il Sudan. Noi suore eravamo tre: due infermiere, Albertina Modenese e io, e un’ostetrica, Emanuella Castagna. Tre volte al giorno, con il casco in testa, si andava e tornava in bicicletta coprendo una distanza di circa due chilometri.
A quel tempo i reparti comprendevano: maternità, chirurgia, medicina, pediatria. Un reparto era riservato ai ...
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Il Sud Sudan è tuttora dilaniato da una guerra civile che si trascina da oltre mezzo secolo. Queste pagine non osano svelare gli intricati retroscena di tanta sofferenza, subita e inferta. Svelano semplicemente incontri fugaci e relazioni intense, vissute e raccontate con grande umiltà. È un modesto tributo a quelle donne che, senza atteggiarsi a eroine, hanno assunto su di sé il desiderio di riscatto di tante e tanti giovani che nel Sudan meridionale hanno avuto la sorte di nascere.
1919: le prime donne europeeLe cinque comboniane che inaugurarono la comunità di Wau furono Rosa Facci, Valentina Cederle, Clelia Donà, Brigida Carrettoni e Rosilde Gia...
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Tutto inizia con l’appello che papa Pio XII rivolge agli Istituti missionari che ancora non erano presenti in America Latina: era il 1945.All’inizio del 1948 i missionari comboniani arrivano in Messico, a Tijuana, Bassa California.Le giovani interessate alla vita religiosa missionaria vengono indirizzate inizialmente ad altre congregazioni, mentre i comboniani sollecitano le comboniane a iniziare una presenza nel Paese.
Le prime sei giovani messicane che chiedono di diventare missionarie comboniane iniziano il percorso formativo in Italia e negli Stati Uniti: la pioniera è Concepción Vallarta Marrón, seguita a Verona da Rosa María Baza Vega e Teresita...
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Il ruolo svolto dalle missioni è ancora dibattuto: sono state canali di colonizzazione o aperture liberanti?Nel 1946, in Note storiche sulle Missioni d’Uganda, il comboniano Radaelli affermava: «I funzionari inglesi temevano i missionari perché sapevano che essi insegnavano agli africani che tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio, e questo avrebbe portato gli africani a ribellarsi all’autorità coloniale». Nel 1969, l’economista Hosea Jaffe scriveva il contrario: «La conquista coloniale cominciò con i missionari, seguiti dai commercianti e poi dai soldati».Queste pagine non si occupano di analisi politiche: lasciano sem...
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Tra le foto di mia mamma, Carla Pagani, trovo un suo scritto: «Ho sempre avuto una grande attrazione verso il continente africano e da diversi anni desideravo fare un’esperienza in Africa, in una missione. Sentivo che mi era necessario un contatto diretto con i problemi e la vita di un popolo sicuramente molto meno fortunato di noi. Gli impegni di lavoro, la famiglia, i casi della vita hanno sempre interferito su questo desiderio, ma finalmente quest’anno sono riuscita a realizzarlo. Mia figlia Sara ha deciso di partire con me e questo mi ha fatto felice, anche se ero abbastanza perplessa sulla sua capacità di adattamento. E così il 5 agosto 2000 siamo partite...
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Dopo mezzo secolo di condivisione, la nostra presenza persiste.
L’insicurezza, che ha sempre afflitto il Paese, dilaga dall’ottobre 2002, quando un generale dell’esercito, Bozizé, depone il presidente Patassé e nel marzo 2003 assume il potere. Da allora i disordini sono ricorrenti.
Il più tragico risale al 2013, per mano dei Seleka, gruppi ribelli del nord della Repubblica Centrafricana, sostenuti da mercenari da Ciad, Sudan e Niger. Nonostante la tregua per le elezioni, vinte nel 2016 da Faustin-Archange Touadéra, i disordini continuano e il Paese viene ancora depredato dei suoi beni. I sussulti della guerra civile incutono paura, ma la fede i...
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Padre Busnelli, con i finanziamenti pervenuti dai missionari protestanti, aveva costruito una struttura sanitaria di ottimo livello al servizio di tutta la popolazione, senza distinzione fra rifugiati sudanesi e abitanti locali. Del resto erano entrambi di etnia zande.Ai rifugiati del Sudan era assegnato un vasto territorio fra due fiumi, dove avevano costruito delle capanne e iniziato a coltivare la terra.
Servizio ecumenicoL’ospedale era diretto da un medico missionario protestante degli Usa; io ero responsabile della maternità e suor Beniamina, esperta infermiera e come me reduce dal Congo dopo la rivolta dei Simba, lavorava in sala operatoria e organizzava i reparti dell&rs...
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L’esodo disorienta: abbandonare tante persone che hanno un nome e un volto è angosciante, ma non ci sono alternative. Dalla missione di Mupoi, nell’omonimo vicariato apostolico nel sud-ovest del Sudan, le comboniane devono rientrare in Italia, ma per poco.
Monsignor Domenico Ferrara, prefetto apostolico del vicariato, chiede a tre di loro di continuare il servizio alla nascente congregazione femminile di Nostra Signora delle Vittorie. Nel 1965 le giovani suore sudanesi, di etnia zande, erano scampate all’aggressione dell’esercito governativo alla missione di Mupoi, assunta nel frattempo dal clero locale. Dopo una fuga rocambolesca, insieme a don Joseph Gasi e ...
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