Martedì, 22 Giugno 2021 15:59

Catechista: ministero (laicale) istituito

Il motu proprio di Francesco si inserisce nel disegno di una nuova “coreografia” dei ministeri nella Chiesa, fuori dalla logica clericale e sacrale. Ovunque, nel mondo, sono infatti i laici – e soprattutto le laiche – a dedicarsi alla catechesi. Suscita qualche interrogativo, però, la specificazione “ministero laicale”.

Con la pubblicazione del motu proprio Antiquum ministerium papa Francesco offre un ulteriore elemento di sviluppo nel processo di ripensamento della ministerialità nella Chiesa, delineato fin da Evangelii gaudium.

Come ricorda il titolo, il ministero del catechista è antico e segna la vita ecclesiale fin dai primi secoli, ma nel corso del XX secolo, soprattutto dopo il concilio Vaticano II, l’apporto offerto da laici e religiosi, uomini e donne è cresciuto enormemente in quantità e qualità, e in tutti i continenti la diffusione degli studi biblici, teologici, di scienze religiose vede la presenza di responsabili della catechesi, a livello locale o nazionale, che non sono più solo ministri ordinati, con un impegno anche a tempo pieno.

Vengono differenziati i percorsi formativi, che non riguardano più solo la preparazione ai sacramenti di iniziazione cristiana o al matrimonio, né la sola formazione morale o dottrinale degli adulti da parte dei parroci: nascono gruppi biblici, corsi di formazione teologica di base, animati da catechisti laici e laiche; si sviluppano movimenti in cui la figura del catechista è centrale (pensiamo al Cammino neocatecumenale). Le parrocchie si riarticolano al loro interno con Comunità ecclesiali di base (a partire dall’America Latina) o Small christian communities (Africa, Asia), guidate e coordinate da christifideles laici: al cuore di queste esperienze sta l’ascolto adulto della Parola di Dio, una ricomprensione incarnata del Vangelo a confronto con la vita quotidiana e una significativa presenza di servizio sul territorio. E la figura del catechista assume tratti inediti, responsabilità nuove, autonomia maggiore.

Molti ministeri, una logica gerarchica da superare
L’idea di Antiquum ministerium si colloca, indubbiamente, in questo scenario: a fronte di centinaia di migliaia di cristiani che esercitano il “ministero di fatto” (solo in Italia si pensa che siano poco meno di 300.000) si può e si deve pensare a persone, uomini e donne, che – per il carisma specifico che viene in loro riconosciuto e per la preparazione di cui godono – siano costituiti con uno specifico Rito di istituzione per un ministero stabile e continuativo nella Chiesa locale a servizio dell’annuncio e della catechesi.

Nuove figure che contribuiscono a disegnare una nuova “coreografia ministeriale” nelle parrocchie e nelle Chiese locali: ministri ordinati (presbiteri e diaconi), ministri istituiti (lettori/lettrici, accoliti/e, catechisti/e), “ministri di fatto”, innumerevoli figure che rispondono ai diversi bisogni e attività delle comunità cristiane, dalla carità all’animazione dei giovani, dalla catechesi ai diversi servizi liturgici, dalle comunicazioni all’assistenza agli anziani, etc.

I “ministeri istituiti”, creati da Paolo VI in Ministeria quaedam (1972) e rimodellati da Francesco con questo motu proprio e con il precedente Spiritus Domini, sono ministeri che christifideles assumono sul fondamento del battesimo e della cresima e che esercitano secondo la specifica soggettualità, di parola e di azione, che è quella di laici e laiche, custodi della estroversione della Chiesa e promotori della sua secolarità.

Si tratta di un passaggio importante per l’autocoscienza ecclesiale, che può interrompere quella logica clericale e sacrale, gerarchizzante, che segna la comprensione del ministero da quasi 1500 anni, da quando si delineò il cursus honorum e la strutturazione di ordini minori e maggiori, orientati al sacerdozio e alla sua potestas sacra.

Antiquum ministerium contribuisce quindi in modo significativo alla maturazione di una pluriministerialità costitutiva nella Chiesa e alla ri-articolazione in un sistema complesso di figure ministeriali (di ordinati e laici/laiche), perché porta oltre il contesto liturgico primario del lettorato e dell’accolitato e perché pone in primo piano un agire pastorale – quello della catechesi – che è oggi esercitato in massima parte da donne.

Una questione di genere
La Chiesa è, come ogni altra organizzazione umana, strutturata e orientata da relazioni di genere: cioè la differenza sessuale è interpretata e vissuta in forme culturalmente, linguisticamente, ritualmente, simbolicamente definite. La soggettualità di parola, l’organizzazione delle relazioni ecclesiali, l’annuncio della fede, le dinamiche simboliche nelle celebrazioni liturgiche, l’esercizio del potere e dell’autorità sono sempre segnate da dinamiche di genere. E ogni ministero – sia esso ordinato o istituito o di fatto – porta con sé un tratto di autorevolezza e forme specifiche di potere (simbolico, orientativo), che deve essere riconosciuto e venire a parola, per essere esercitato con coscienza libera e senso di responsabilità, senza cedere a tentazioni di clericalismo o dominio sugli altri (magari inconscio).

Nonostante le donne siano oggi in Italia più del 75% dei catechisti (ma più del 90% per la catechesi di bambini e ragazzi), poche sono coloro che hanno ruoli orientativi e decisionali ad esempio a livello diocesano (14 donne su 226 diocesi: 6,19%): il nuovo ministero istituito potrà favorire una diversa organizzazione a livello di zone pastorali e di diocesi, con un maggior riconoscimento dell’apporto delle donne alla catechesi, e permetterà di affrontare con lucidità il problema, a oggi sottovalutato, della femminilizzazione della catechesi e delle implicazioni che vengono dall’assenza di figure maschili (con l’eccezione di preti e diaconi).

Domande aperte, prospettive future
Leggendo il motu proprio rimangono però alcune domande aperte.

- Il documento non definisce con chiarezza la specificità della figura del “ministro istituito catechista”, rispetto al catechista che esercita un “ministero di fatto”, con un mandato annuale da parte del vescovo o del parroco.
Saranno uomini e donne che, impegnati nella catechesi da anni, assumono ruoli di coordinamento e promozione a livello parrocchiale, vicariale, diocesano o nazionale? Oppure dobbiamo pensarli nella forma dei bakambi del Congo o di quei catechisti che in tante chiese locali dell’Africa coordinano comunità locali in assenza di presbitero?

- Il documento allude a figure analoghe a quelle dei coordinatori di “Comunità ecclesiali di base” come quelle che operano in America Latina o di altre comunità locali lontane da centri parrocchiali o diocesani? Ma in questo caso si tratta di animatori, leader, “dirigenti di comunità” che non sempre hanno in modo esclusivo funzioni di tipo formativo o catechetico: spesso coordinano équipe che vedono più figure ministeriali, impegnate nella liturgia, nella carità, nella catechesi.

È lasciato alle Conferenze episcopali il compito cogliere il profilo specifico; questo molto probabilmente porterà a figure differenziate di “ministri istituiti catechisti” nei diversi contesti ecclesiali.

In secondo luogo: perché il testo ricorre all’aggettivo “laicale” per definire questo nuovo ministero? Uomini e donne lo eserciteranno da laici/laiche quali sono, apportando nell’annuncio, nella formazione, nello stile educativo la loro specifica parola, esperienza, competenza, radicati sul fondamento della loro identità battesimale: perché si è sentita la necessità di porre un aggettivo che appare non scevro di ambiguità, sia per le molteplici interpretazioni date a “laico”, sia in rapporto alla natura dell’opus catechistico?
Le domande aperte potranno aiutare l’approfondimento teologico e gli orientamenti pastorali necessari per dare concretezza all’intuizione.

Possiamo essere grati a papa Francesco per questo ulteriore passo in ordine a una “coreografia ecclesiale” più ricca e adeguata alle sfide nuove della missione: altri ministeri istituiti appaiono ora “logicamente possibili” e necessari in risposta a prassi ecclesiali consolidate o a bisogni pastorali esistenti. Sarà la molteplicità di ministeri di laici/laiche competenti a mutare il volto della Chiesa e a preservarla dalla logica “gerarchica” clericale che ritroviamo spesso in preti e vescovi. «La pluriministerialità è un fatto innegabile, irreversibile, impegnativo».

 

Fonte

Last modified on Martedì, 22 Giugno 2021 16:29

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