Martedì, 26 Ottobre 2021 13:32

In solidarietà spirituale e concreta

Non potevamo rimanere indifferenti. A un mese dalle tragiche immagini che arrivavano da Kabul, abbiamo reso presenti a Palermo le donne afghane, sul sagrato della cattedrale, durante un momento di solidarietà e preghiera

Le abbiamo sentite: imprenditrici, insegnanti, avvocate, musiciste, artiste, attiviste per il riconoscimento e la tutela dei diritti in Afghanistan. Tutte impegnate nella “politica delle donne” secondo il loro stile, con creatività, abnegazione e desiderio di bellezza.
Abbiamo visto la disperazione delle madri che all’aeroporto consegnavano i loro figli e figlie al di là di quel muro che segnava il varco verso la vita.
Col fiato sospeso abbiamo seguito donne e ragazze, ormai “scafandrate” nei burqa, brandire i loro cartelli dinanzi alla minaccia delle armi talebane: un coraggio luminoso.
Immagini e voci delle tante donne afghane inabissate nel buio del tempo e dello spazio, che invocano sostegno e solidarietà dal mondo, il quale rimane sgomento di fronte alla tragedia che le ha colpite.

Da donne a donne
Il loro grido di dolore non ha lasciato indifferenti le donne di Palermo, che si sono interrogate su quale sostegno potessero dare a sorelle così lontane eppure così vicine.
Quelle donne afghane chiedono aiuto e noi scopriamo di avere tanto da imparare da loro, straordinarie custodi della vita. È bastato sentire alcune delle loro storie, vederle nelle immagini televisive, conoscere quale straordinario lavoro di cura abbiano posto in ogni loro attività a beneficio del loro Paese.
Dalla sofferenza hanno imparato a conoscere la giustizia, cioè l’ordine delle cose. Noi cristiane sappiamo bene cosa vuol dire «imparare dalla sofferenza», percorso originario per comprendere l’obbedienza di Cristo. La sofferenza, elevata a opportunità di rinascita, ci fa capire l’origine dell’ingiustizia che deforma la bellezza della vita, come ha ben spiegato, in tempi bui della nostra storia, la filosofa Simone Weil.

Legami vitali
Da credenti in Cristo, le donne della Chiesa di Palermo hanno pensato che la preghiera fosse il modo più autentico per dedicare alle donne afghane “attenzione”, ovvero la capacità empatica di ascolto profondo che crea legami vitali e concorre ad affermare il bene sul male.
Sul sagrato della cattedrale arabo-normanna, luogo simbolo di cooperazione di popoli diversi per provenienza, storia e religioni, donne e uomini di varie associazioni e diverse religioni e confessioni hanno presentato a Dio la sofferenza delle afghane e di tutte le donne che subiscono la violenza di maschi prigionieri del loro abbrutimento.
A Palermo, con tamburi, chitarre e canti proviamo a contrastare l’imposizione del silenzio, la proibizione del canto, la fine di ogni musica.

Contro un’ingiustizia antropologica…
La violenza dell’uomo sulla donna offende l’umanità tutta e causa la catena di male che attraversa la relazionalità umana. Se non si sana quest’ingiustizia antropologica, non ci sarà pace per l’umanità. La relazione d’amore, che fa spazio all’alterità, genera sempre vita nuova, mentre l’imposizione della forza nega la dignità umana e soffoca la vita. Questo abbiamo provato a esprimere in preghiera.
Ospite d’onore, Mohamed Shapoor Safari, rifugiato politico che ha scelto di vivere a Palermo facendo il cuoco. E la città gli si stringe attorno, in un cerchio di solidarietà e di preghiera affinché le donne della sua famiglia possano trovare un canale umanitario e riunirsi a lui. Shapoor ha il cuore in pena per tutte le etnie, le minoranze perseguitate, e non teme solo per moglie, figlie e sorelle, ma per tutte le donne in balia dell’oscurantismo violento dei talebani.

… una nuova profondità spirituale
Sul finire della veglia, in un rito di speranza condivisa, uomini e donne rappresentanti a Palermo delle diverse fedi ed etnie bruciano l’incenso che, in ogni lingua e spiritualità, porta a Dio la loro preghiera.
Questo ci insegnano le donne afghane che implorano aiuto: la vita va difesa come meglio sappiamo e possiamo. Sono loro che stanno dando un messaggio di “salvezza” all’umanità, chiedendoci di parlare di loro e agire con loro per contrastare il male della sopraffazione violenta attraverso una nuova profondità spirituale. Ce l’hanno testimoniato per quasi vent’anni, risanando l’Afghanistan attraverso la cultura, l’arte, la poesia, la musica; con la tenacia di chi difende la vita oltre l’abisso di ogni male.

Aiuto concreto
Al termine della preghiera sono state rilanciate iniziative concrete di solidarietà, curate da donne di diverse confessioni religiose: una petizione, la raccolta di fondi, la richiesta di corridoi sicuri che permettano di uscire dall’Afghanistan. Piccole gocce nel mare dell’emergenza, che tuttavia fanno sentire la forza umanizzante dell’empatia. Grazie, care sorelle afghane, per averci richiamato all’amore per la vita.

 

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Last modified on Martedì, 26 Ottobre 2021 13:37

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