Giovedì, 17 Marzo 2022 13:57

Amiche, il razzismo non abita qui

Poche, ma sentite parole, sottoscritte e divulgate da più di 4.000 persone.

«Noi, studenti, laureati, insegnanti, personale e laureati della più antica università russa, l’Università statale di Mosca intitolata a M.V. Lomonosov, condanniamo categoricamente la guerra che il nostro Paese ha scatenato in Ucraina». Sono uomini e donne di cultura e di scienza della Federazione russa, il cui governo censura la parola “guerra” e persegue nei media una propaganda cieca e martellante: «Chiediamo a tutti i cittadini (e cittadine) della Russia che hanno a cuore il suo futuro di unirsi al movimento per la pace. Siamo contro la guerra! #NoWar».

La contrapposizione etnico-nazionalista russa-ucraina è dissolta da questo appello e ancor più da gesti di incredibile coraggio, che soltanto un silenzio commosso può accogliere: Marina Ovsjannikova, con creatività e determinazione, il 14 marzo irrompe in diretta nel notiziario del canale televisivo più popolare. Sul cartello è scritto: «No guerra, non credete alla propaganda». La giornalista, madre di due figli, è immediatamente fermata e sottoposta a un pressante interrogatorio; sanzionata con una multa di circa 255 euro, rischia 15 anni di carcere: «Ho paura per i miei figli ma non lascio la Russia».

Prima di lei, ad altre “amiche dell’umanità” e della pacifica convivenza è andata peggio.
Il 6 marzo Aleksandra Kaluzhskikh aveva registrato le torture subite, poi divulgate da Ovd-info: secondo questo canale di informazione ben oltre 15.000 dimostranti hanno subito arresto e tortura per aver invocato la pace. Tra di loro Anastasia, Kristina, Ekaterina, Tatjana e Marina Morozova. Anche lei è riuscita a registrare l’interrogatorio e inviarlo alla testata Novaja Gazeta.
Sono tutte giovani professioniste e studenti universitarie che hanno manifestato pacificamente; la repressione violenta delle manifestazioni non ha risparmiato né uomini né donne, ma lo stupro purtroppo è riservato alle donne.

Dal 15 al 21 marzo, in occasione della XVIII Settimana contro il razzismo, è importante far conoscere storie positive che neutralizzano l’odio etnico.
Il progetto C'era una (S)volta lo fa in Italia con un sito, una mostra virtuale e un podcast frutto di ampia collaborazione, ma in Russia le incredibili “amiche della pace” lo dicono e lo vivono con il coraggio sublime della non-violenza.

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Il Centro di Comunicazione Combonifem è un stato costituito a Verona dalle Suore missionarie comboniane nel 2008.

Attraverso una rivista, un sito web e social media correlati promuove la dignità di ogni persona nel rispetto delle differenze di genere, di cultura e di religione, per far crescere società inclusive attente al bene comune.

Il nome stesso, “Comboni-fem”, esprime il valore della prospettiva femminile nella comunicazione ...

 

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