È innegabile che Bergoglio abbia segnato una discontinuità rispetto a un lungo periodo in cui, quale che fosse la santità personale dei pontefici che si sono succeduti, l’orizzonte ecclesiale e il dialogo con il mondo avevano preso una piega piuttosto triste e con tratti censori, sempre più lontana dall’aria di affabilità e sinodalità che aveva connotato profondamente il Concilio Vaticano II.
I documenti di Francesco Evangelii Gaudium e Laudato si’ – per ricordarne due –, così come i gesti simbolici potenti, come la visita a Lampedusa e poi a Lesbo, l’apertura della Porta della Misericordia a Bangui, la visita apostolica ed ecumenica in Congo e Sud Sudan, hanno spalancato un mondo. Resistono ambienti che tentano censure e criticano il Papa, ma sembrano voci morte, al massimo echi lontani che non raggiungono il cielo e neppure gli orecchi.
L’agenda è tuttavia ancora piena di progetti, avviati o anche solo schizzati in modo sfumato, che premono per irrompere.
Ovviamente c’è in corso il Sinodo, che vuol muovere tutte e tutti nella Chiesa per riflettere su come essere insieme. Difficile tuttavia pensare di parlare solo di metodo e ignorare molte delle istanze di riforma che escono dalle assemblee sinodali: primo tema, a mio avviso, la questione delle donne nella Chiesa e dei loro ruoli, ma anche una più ampia riforma del ministero, la domanda di piena cittadinanza ecclesiale delle persone della comunità LGBTQ.
Attorno a tali questioni si muovono gli animi, in opposte direzioni, ma con grandi passioni. Il clima sinodale di ascolto reciproco è essenziale per questo, ma serve anche il coraggio di prendere decisioni e di muovere non solo i sentimenti ma anche le cosiddette “dottrine”.
Qui il lavoro è ancora molto: di questi giorni l’affermazione, scontata solo per gli addetti ai lavori ma ancora contestata in ambienti mainstream, che il celibato obbligatorio del clero latino è semplicemente una questione storica e si può riaprire il discorso. Langue invece la situazione dell’ordinazione diaconale delle donne, e le due commissioni, create appositamente in risposta alla domanda delle Superiore dell’UISG, sono in stand-by.
Tutto questo si svolge nel quadro di sfide epocali, che certo nessuno può ignorare e che ci angosciano tutti, a partire proprio da George Bergoglio ora per sempre Francesco: una guerra di guerre, in molti luoghi, moltiplicata in un’escalation insensata, una crisi dell’ecosistema, una esplosione delle ingiustizie strutturali, il rifiuto che gli Stati più ricchi oppongono alle persone che si spostano in cerca di vita.
Per tutto questo – clima ecclesiale, questioni che necessitano riforma – dieci anni non sono pochi. Non sono neanche troppi o comunque non sono sufficienti, sullo sfondo di sfide globali per le quali anche un giorno in più o in meno ha un significato.
Nelle nostre mani, trepida e forte, la speranza.