Kosovo, Vjosa Osmani diventa presidente nel nome delle donne AP Photo/ Visar Kryeziu
Martedì, 06 Aprile 2021 15:53

Kosovo, Vjosa Osmani diventa presidente nel nome delle donne

Si chiama Vjosa Osmani, fa l'avvocata e la sua età è in linea con quella del paese, dove metà degli abitanti ha meno di 25 anni

Domenica la politica e avvocata Vjosa Osmani è stata nominata presidente del Kosovo, il piccolo paese della penisola balcanica indipendente dal 2008 ma ancora non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale. Osmani occupava la carica di presidente ad interim già dallo scorso novembre ed è stata confermata nel suo ruolo dal Parlamento kosovaro. Hanno votato in suo favore 71 degli 82 parlamentari presenti in aula, sui 120 totali.

Le ultime elezioni parlamentari, tenute a febbraio, sono state vinte dalla coalizione formata dal partito di centrosinistra di Vetëvendosje – che ha espresso il nuovo primo ministro, Albin Kurti – e dal partito liberale Guxo, guidato proprio da Osmani.

Osmani ha 38 anni ma la sua età non viene considerata un problema in uno dei paesi più giovani d’Europa, in cui il 53 per cento degli abitanti ha meno di 25 anni e l’età media nella capitale Pristina arriva a 28 anni. Della sua nomina si è parlato anche sui giornali internazionali perché rappresentativa di una nuova generazione di kosovari, «più a suo agio con la vita occidentale e stufa del nepotismo e della scarsa efficienza dei partiti tradizionali», come ha scritto Reuters.

Il ruolo di presidente in Kosovo ha una funzione prevalentemente cerimoniale, ma si prevede che Osmani occuperà una posizione preminente nelle questioni di politica estera. In un recente discorso Osmani ha detto che una delle sue priorità sarà cercare di normalizzare i rapporti con la Serbia, paese con cui negli ultimi anni c’è stata una serie molto lunga di litigi e conflitti dati dal fatto che non ha mai riconosciuto l’indipendenza dichiarata dalle autorità kosovare.

Osmani è la seconda donna a essere eletta presidente del Kosovo dopo Atifete Jahjaga, in carica dal 2011 al 2016. Osmani iniziò la sua carriera politica da adolescente, come attivista per la Lega democratica del Kosovo (LDK), partito di centrodestra. Parallelamente alla sua carriera politica ha studiato legge all’Università di Pristina, la capitale del paese, e completato gli studi all’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania, negli Stati Uniti.

Nel 2019 era stata eletta presidente del Parlamento con la LDK, che però ha lasciato lo scorso settembre per fondare il proprio partito e coalizzarsi con Vetëvendosje. A novembre aveva invece assunto l’incarico di presidente ad interim dopo che l’allora presidente Hashim Thaçi era stato incriminato per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità compiuti dall’Esercito di liberazione del Kosovo, di cui faceva parte, durante la guerra di indipendenza contro la Serbia, tra il 1998 e il 1999.

Sia per il suo carisma sia per la visibilità ottenuta negli ultimi anni, Osmani è un personaggio piuttosto popolare in Kosovo. Sia lei sia Kurti hanno anche beneficiato di un fattore generazionale: negli ultimi anni sono aumentate le accuse di favoritismi e corruzione nei confronti della vecchia classe dirigente, e i due leader si presentano come una “nuova generazione” di politici che ribadisce spesso l’esigenza di combattere la corruzione e di avvicinare il Kosovo a modelli e valori occidentali.

Il Kosovo si trova tra Serbia, Montenegro, Albania e Macedonia del Nord ed è grande poco più dell’Abruzzo. Le sei stelle che si vedono sulla sua bandiera rappresentano i sei gruppi etnici che lo abitano: albanesi (sono più del 90 per cento della popolazione), serbi, turchi, gorani, rom e bosniaci musulmani.

Viene spesso soprannominato il paese più giovane d’Europa sia perché ha ottenuto l’indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio del 2008, dopo l’ultimo dei conflitti avvenuti nei paesi della ex Jugoslavia e dopo essere stato amministrato per quasi dieci anni da un protettorato internazionale delle Nazioni Unite, sia per l’età media dei suoi abitanti. Al momento è anche uno dei paesi più poveri del continente: il tasso di disoccupazione è attorno al 30 per cento, ed è stato stimato che dall’indipendenza più di 190mila kosovari abbiano lasciato il paese per andare a cercare lavoro nei paesi dell’Unione Europea.

Al contempo, nel paese persistono ancora profonde divisioni etniche accentuate dal fatto che secondo molti kosovari serbi i crimini compiuti durante la guerra del 1999 e negli anni precedenti, in cui ci furono azioni di pulizia etnica, non sono stati riconosciuti e puniti a livello internazionale.

Nel 2010 la Corte Internazionale di Giustizia – il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite – dichiarò la legittimità del Kosovo, che a oggi è riconosciuto da più di 100 paesi, ma non dalla Serbia o dai suoi alleati, come Russia e Cina. Inoltre, anche 5 dei 28 paesi membri dell’Unione Europea – Spagna, Slovacchia, Romania, Grecia e Cipro – non lo riconoscono, e questo impedisce di fatto al Kosovo di entrare sia nell’Unione Europea sia nell’ONU.

Allo stesso tempo, nemmeno la Serbia fa parte dell’Unione Europea perché uno dei requisiti fondamentali perché possa entrarci è proprio la «normalizzazione» dei rapporti con il Kosovo. Nel suo discorso inaugurale, presentando le sue priorità per il mandato, Osmani ha spiegato che «la pace sarà raggiunta soltanto quando vedremo del rimorso e riceveremo le scuse dalla Serbia, e quando otterremo giustizia per coloro che hanno sofferto a causa dei crimini di guerra».

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Last modified on Martedì, 06 Aprile 2021 16:03

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