Mercoledì, 02 Gennaio 2019 10:04

Una legge insidiosa

La Legge immigrazione e pubblica sicurezza 2018, nota come “Legge Salvini”, solleva domande inquietanti su discriminazione e disgregazione sociale. È necessario comprenderne gli effetti distruttivi e risolverli con azioni di breve e di lungo periodo

Il decreto 113/2018 è legge dal 3 dicembre 2018 ed esprime un punto di vista che riassumo in due punti: nascere fuori dall’Italia è una colpa insanabile e diventare cittadini italiani è pressoché impossibile.
Ne deriva che la Convenzione di Ginevra, firmata dal nostro Paese nel 1954, viene disattesa perché questa legge rende particolarmente difficile l’acquisizione della cittadinanza italiana anche a un richiedente asilo: chi può esibire tutti i requisiti dovrà comunque attendere altri quattro anni per ottenere una risposta. Forse lo Stato la risposta non vuole darla?

Cittadinanza a rischio
E questa cittadinanza, tanto preziosa, decadrà qualora la persona straniera si renda responsabile di: «resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi, lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, mutilazioni genitali femminili, furto aggravato da porto di armi o narcotici e furto in abitazione».
Questa norma può essere giustificata per garantire la nostra sicurezza, ma introduce una serie di discriminazioni per chi ha anzitutto la colpa di nascere fuori dal nostro Paese. Probabilmente scatterà una pronuncia di incostituzionalità, perché l’articolo 7 della legge sancisce disuguaglianza e pene diverse fra persone che hanno la stessa cittadinanza. Mattarella ha firmato il decreto, ma ha espressamente richiamato l’applicazione dell’articolo 10 della Costituzione Italiana, la Dichiarazione dei Diritti Umani e la Convenzione di Ginevra.

Ancora emergenza
Altro vizio della Legge Salvini è il mantenimento di un sistema emergenziale di gestione della migrazione, quando in realtà neppure nel 2015 si poteva parlare di “invasione” per circa 180.000 persone sbarcate in un Paese di 60 milioni di abitanti.
Si poteva strutturare un programma di accoglienza territoriale, gestito in trasparenza dai Comuni, anziché dichiarare di essere sempre in emergenza e affanno per raccogliere i fondi straordinari dall’Ue.
E benché ci sia un sistema ordinario di accoglienza gestito dai Comuni, lo Sprar, faticosamente costituito nel 2001 e tenuto a una rendicontazione accurata e trasparente per ogni singolo servizio, questa legge privilegia il sistema dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas), che dipende dal Ministero dell’Interno e dalle Prefetture e che ha una rendicontazione forfettaria basata sul numero della persone presenti nel centro moltiplicata per la retta giornaliera, ridotta attualmente a 19 euro.
Penso che lo Sprar sia stato ridimensionato perché meno controllabile dal Ministero dell’Interno e capace di promuovere vera integrazione.
Il potenziamento dei Cas, presentato dalla legge come un risparmio, genera piuttosto una gestione opaca dei fondi per gestire dei “dormitori con pasti” in cui i richiedenti asilo non avranno diritto ad alcun servizio per l’integrazione, come l’apprendimento della lingua italiana e l’avviamento lavorativo. In conclusione aumenteranno le persone irregolari in mezzo alla strada. Il problema è che la maggioranza dei cittadini italiani non comprende che quanto viene presentato come effetto benefico della Legge Salvini non corrisponde al vero.

Effetto distruttivo
Per quanto riguarda la costruzione di una comunità, la legge introduce un crescente divario tra un “noi” e un “loro”, sebbene si tratti di persone che vivono tutte in uno stesso momento e su uno stesso territorio. Questo divario sta riscuotendo un consenso così ampio che il Paese Italia avrà bisogno di tantissimo tempo per ricostruire un “noi” inclusivo. Lo slogan “noi veniamo prima degli altri” è illusorio: siamo tutti e tutte su uno stesso territorio e facciamo riferimento allo stesso Stato. Discriminare chi ha già meno risorse facendo intendere che ciò aiuterà “noi italiani veraci” è mistificatorio. Aver creato la categoria del “loro” cui attribuire i mali dell’Italia, senza entrare nel merito delle loro cause reali per affrontarle davvero, è il risultato peggiore di questa legge: disgrega il tessuto sociale.

Causa politica
Il disagio che la presenza di immigrati ha generato sui nostri territori non ha in loro la sua causa primaria. Sono mancate piuttosto adeguate politiche di integrazione. Adottare lo strumento dell’eccezionalità, anziché quello di un governo continuativo e lungimirante dell’immigrazione, ha generato persone abbandonate a sé stesse. La vera radice del disagio è politica: non aver superato la volontarietà dello Sprar nei 17 anni della sua esistenza è stato un grave errore: tutti i Comuni avrebbero dovuto allestire case di accoglienza per richiedenti asilo, perché lo Stato italiano, avendo sottoscritto la Convenzione di Ginevra, ne deve garantire l’applicazione.

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