Venerdì, 02 Ottobre 2020 14:34

Volti tanto diversi

Tre mesi dopo la prima professione, madre Teresa Costalunga mi comunica la destinazione per gli Stati Uniti d’America. È sera: mio padre era venuto a trovarmi a Roma e passeggiavamo nel giardino della comunità di via Boccea. Lui rimane sconvolto e lei lo rassicura che io negli Usa sarei rimasta solo due anni per imparare l’inglese – ma sarebbero poi diventati undici! Io rimango senza parole, perché neppure sapevo che ci fossero nostre comunità negli Usa: avevo sentito parlare soltanto di “missione in Africa”!

Arrivo negli Usa con suor Enrica Facoetti il 29 settembre 1967 e subito il Paese mi sembra immenso: nella prima lettera a casa parlai solo di grandi distanze. Poi l’impatto con quel mondo che non capivo, a partire dalla lingua; ma la comunità, accogliente, mi è stata di grande aiuto.

La prima esperienza
Mi attendevano sette anni di studio, in primo luogo della lingua, alternato con il servizio in casa e nella scuola materna, poi al college per conseguire il diploma di infermiera professionale; per altri quattro anni ho lavorato come Nursing Superviser in una casa per anziani della diocesi di Philadelphia: con 185 ospiti era una responsabilità più grande di me!
Di quel periodo ricordo eventi drammatici, come l’assassinio di Martin Luther King e del senatore Robert Kennedy nel 1968, la guerra in Vietnam e, nel 1974, l’impeachment del presidente Richard Nixon. Eppure era anche un periodo di liberanti trasformazioni nella vita sociale, con l’avvento dei “figli dei fiori”, e in quella religiosa, segnata da esodi laceranti dopo il Concilio Vaticano II ma anche da uno spirito nuovo, con cammini di “formazione continua” a tutti i livelli: nelle nostre comunità, con consacrati e consacrate di altre congregazioni, e a livello di diocesi.
Ho vissuto quegli anni soprattutto a scuola e nella casa di riposo, a contatto della classe media; così ho maturato l’impressione che la vita negli Usa fosse ricca, indipendente e bella. Ma quando vi sono tornata nel 1987, ho scoperto una realtà ben diversa!

Altri orizzonti
Dopo nove anni in Uganda, segnati dalle ansie e dalle paure della guerra, arrivo a Chicago, una grande metropoli del Mid West con più di 7 milioni di abitanti, segnata da un divario scandaloso fra ricchezza e povertà. Dal ritmo lento dell’Uganda alla frenesia di Chicago, mi sentivo lentissima, come se tutti mi sorpassassero sia in auto che nella vita.
Vengo incaricata dei servizi di animazione missionaria e accompagnamento vocazionale, che mi portano spesso fuori dalla comunità in mezzo a un mondo di giovani. Ogni fine settimana, da aprile a settembre, partecipo anche alle giornate missionarie nelle parrocchie, alcune molto aperte, già con laici in ruoli di responsabilità, altre molto tradizionaliste e, talvolta, estremamente chiuse.

L’altro volto del sogno americano
La nostra comunità alloggia in una casetta ricavata dalla stalla della villa di uno dei sindaci di Chicago e inserita in un quartiere afroamericano. La parrocchia è nella zona povera a sud della città e raccoglie lo 0,25% dei cattolici dell’area. Proprio qui incontro l’altro volto degli Usa: una povertà degradante e senza dignità. L’altra nostra comunità di Chicago è inserita fra i latinoamericani, molti dei quali privi di documenti e quindi sfruttati e senza diritti. Ma un volontariato attivo a tutti i livelli provvede tanta assistenza. L’intensa immigrazione, in prevalenza dal Messico, stava cambiando la società e molti immigrati rivendicavano i propri diritti, compreso il riconoscimento dello spagnolo come seconda lingua nazionale. Proprio in questo periodo partecipo ai movimenti per i diritti dei più poveri e un giorno, a Chicago, assisto a un comizio tenuto da Barack Obama, che un giorno sarebbe diventato presidente.

Trasformazioni interne
Anche le nostre comunità cambiano: aumentano l’età e la multiculturalità, soprattutto fra le giovani. Si innescano nuove dinamiche, soprattutto per il desiderio di novità, creatività e sana libertà delle giovani. Nella nostra comunità di Chicago siamo in cinque, di quattro nazionalità. Riparto per l’Uganda nel 1990 e torno di nuovo negli Usa nel 1998, nella stessa comunità di Chicago: ma siamo solo tre suore, senza giovani studentesse. Pochi mesi dopo rimaniamo in due e nel giugno 1999 io, eletta superiora provinciale, mi trasferisco a Richmond; l’altra sorella parte per la vacanza e un tempo sabbatico. Così termina la nostra presenza a Chicago e rimaniamo con due comunità negli Stati Uniti: quella della casa provinciale a Richmond, in Virginia, e quella di Coatesville, in Pennsylvania. Un buon numero di missionarie di voti temporanei frequentano il college, inserite in varie comunità religiose statunitensi. Grande sostegno ci viene garantito dall’associazione “Amici delle Suore Missionarie Comboniane”, un gruppo laico impegnato nella formazione accademica, professionale ed economica delle nostre studentesse.

Un 50° di riconoscenza e memoria
In dialogo con l’amministrazione generale, cerchiamo una casa che divenga riferimento per le giovani che risiedono nei college e offra la possibilità di studiare anche rimanendo in comunità. Così, nel 2000, 50° anniversario della nostra presenza, apriamo la nuova comunità a Baltimora, nel Maryland: tutte le scuole sono vicine e ciò permette di seguire e accompagnare meglio le suore giovani che studiano. Il mese di ottobre, ricorrenza dell’arrivo, nel 1950, delle prime comboniane, diventa occasione per celebrare con riconoscenza e far memoria degli umili inizi. Ma l’11 settembre dell’anno successivo, con l’attentato al World
Trade Center, siamo travolte dall’ansia e sofferenza di tutto il Paese: la grande America si scopre vulnerabile a casa propria.

Oggi, bilancio provvisorio
A 70 anni dalla scelta coraggiosa e lungimirante di essere con l’Africa oltre l’Africa, ovvero nelle comunità afrodiscendenti degli Usa, noi comboniane abbiamo attraversato l’Atlantico e arricchito le zone che ci hanno accolto, come loro hanno arricchito noi.
Abbiamo contribuito a difendere i diritti umani degli afro e dei latinos, mentre beneficiavamo di una preparazione professionale di qualità. Gli studi al college, lontane dalla comunità, erano una grande sfida, ma rafforzavano la nostra identità missionaria e comboniana. La “sobrietà”, o meglio la “povertà” che abbiamo vissuto in comunità nel Paese più ricco del mondo, ci ha educate al “mi basta”, e la formazione “inclusiva” della persona è stata preziosa: rendeva capaci di stare in piedi da sole.
In tre periodi diversi, ho vissuto ventun anni in tutto negli Usa, e ciò mi aiuta a percepire la complessità sociopolitica, sociale, religiosa ed economica di questo grande Paese, e farne oggetto di preghiera e di gratitudine.

* Suora missionaria comboniana, classe 1945.

Last modified on Venerdì, 02 Ottobre 2020 14:38

CHI SIAMO

Il Centro di Comunicazione Combonifem è un stato costituito a Verona dalle Suore missionarie comboniane nel 2008.

Attraverso una rivista, un sito web e social media correlati promuove la dignità di ogni persona nel rispetto delle differenze di genere, di cultura e di religione, per far crescere società inclusive attente al bene comune.

Il nome stesso, “Comboni-fem”, esprime il valore della prospettiva femminile nella comunicazione ...

 

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