Venerdì, 03 Giugno 2022 13:33

Tra le spine, il germoglio diventa pianta

Con la morte di Daniele Comboni, l’opera da lui fondata come “realtà unitaria”, costituita da un ramo maschile (l’Istituto delle Missioni per la Nigrizia, con chierici e laici) e uno femminile (l’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia), dotati di una stessa “regola” e finalizzati a un comune “Piano” missionario, si trasforma ed evolve

Mentre le tragiche vicende sofferte da missionarie e missionari vittime della Mahdia vengono coperte da un velo di silenzio, a Verona e in Egitto l’Associazione del Buon Pastore per la rigenerazione dell’Africa, fondata nel 1867 da Comboni con l’avallo di Luigi di Canossa, vescovo di Verona, è a una svolta.

Intuizione tradita
Nel 1885 Francesco Sogaro, successore di Comboni a guida della Missione dell’Africa Centrale, affida il ramo maschile alla Compagnia di Gesù, che nel 1887 lo rende congregazione religiosa con il nome di “Figli del Sacro Cuore di Gesù” (fscj). Le Pie Madri, che dal 1877 erano già “religiose”, conservano Maria Bollezzoli come loro formatrice mentre padre Giuseppe Sembianti e monsignor Sogaro ne assumono la direzione.

Fino al 1888 le partenze per l’Africa sono bloccate, ma da quell’anno nascono al Cairo nuove comunità femminili: una presso la colonia agricola della Gesira, un’altra a Helouan e, con accordo autonomo delle Pie Madri, anche una presso l’ospedale austro-ungarico.

Tensioni insanabili
I “Figli del Sacro Cuore” si rivelano poco preparati a vivere la missione con lo spirito di adattamento e l’essenzialità di Daniele Comboni. Ne seguono contrasti tra loro e monsignor Sogaro che indirettamente coinvolgono anche le Pie Madri. Nel 1894 la Missione dell’Africa Centrale viene affidata ai Figli del Sacro Cuore (fscj) e Sogaro, che non ne fa parte, si dimette da vicario apostolico. Gli succede Antonio Maria Roveggio, fscj, già da anni missionario in Egitto.

Quale identità?
Il nuovo vicario apostolico chiede le Pie Madri per la nuova missione ad Assuan, dove pone provvisoriamente la sua sede episcopale: sono Francesca Dalmasso, Maria Caprini e Fortunata Quascè. Avendo queste conosciuto personalmente Comboni, si rendono subito conto di una grave discrepanza: per Roveggio le Pie Madri dovevano essere perfette religiose, più che missionarie sante e capaci.

La situazione è delicata: loro non hanno ancora “Regole” che ne ufficializzino l’identità e il fine. Quelle che Daniele Comboni aveva stilato nel 1871 per i due “istituti gemelli” erano state rifiutate dal Vaticano: “troppo poco religiose”. Vengono sottoposte a ripetute revisione nuove bozze e prende parte alla loro stesura anche suor Vittoria Paganini, che ha vissuto anni di missione in Africa, ma muore prima di completarle.

Finalmente “approvate”
Le revisioni esaltano lo stile claustrale e sviliscono quello più missionario inizialmente impresso da Comboni, ma nel febbraio 1897 le Regole e Costituzioni delle Pie Madri della Nigrizia sono finalmente approvate in via sperimentale dalla Santa Sede. A 25 anni dagli inizi, con questo riconoscimento giuridico l’istituto può finalmente accogliere i “voti perpetui” delle sue suore, anzitutto di Maria Bollezzoli, che diventa Pia Madre “per sempre” con altre ben più giovani di lei, tra cui Costanza Caldara e Rosa Zabai. Come superiora generale, madre Bollezzoli può convocare il primo Capitolo generale, organo supremo di governo di ogni istituto religioso che, secondo le Regole approvate, dovrà essere celebrato ogni sei anni.

La congregazione prende forma e cerca di salvaguardare la propria identità missionaria, ma in un contesto marcatamente patriarcale le sfide non mancano.

Peso o risorsa?
Il gesuita Giacomo Mologni, formatore e primo superiore generale dei Figli del Sacro Cuore di Gesù, nutre molte riserve sul valore delle Pie Madri; anche Angelo Colombaroli, procuratore generale della missione, contesta a Maria Bollezzoli che giovani aspiranti vengano accettate senza dote e diventino un peso per le finanze del vicariato.

Lei si appella a Roveggio, che risponde nel novembre 1896 con una convenzione: in cambio di una modesta diaria per provvedere a vitto, vestiario e bisogni personali, il vescovo dell’Africa Centrale esige la totale disponibilità da parte delle suore a dirigere e gestire scuole e altre opere i cui proventi vanno al vicariato; le Pie Madri devono inoltre fornire servizio gratuito di guardaroba e bucato per i missionari e tutti gli orfanotrofi, mentre il vicariato provvede trasporto, dimora e mobilio per le suore al proprio servizio, ma solo un contributo molto limitato per la formazione e preparazione delle aspiranti missionarie. I termini della convenzione “scardinano” le Pie Madri dalla missione e Maria Bollezzoli non li sottoscrive.

Nella diatriba interviene Luigi di Canossa, che precisa: «Monsignor Comboni […] trattò sempre indifferentemente i due istituti, quali due rami della medesima pianta». Con questo chiarimento il Vaticano sospende la convenzione e, sotto la propria supervisione, avvia la separazione amministrativa dei due istituti.

Graduale autonomia
Il primo Capitolo generale delle Pie Madri inizia il 7 giugno 1898 con 7 partecipanti: 5 da Verona e 2 dall’Egitto, ma lo presiedono sacerdoti della diocesi di Verona in rappresentanza del vescovo. La prima Direzione generale delle Pie Madri è eletta dopo 4 giorni: Maria Bollezzoli, confermata superiora generale, è affiancata dalla vicaria Costanza Caldara, che viene subito delegata a visitare le comunità in Egitto.

Il 3 settembre 1898, dopo circa un mese dal suo arrivo, giunge notizia della liberazione di Khartoum, così lei chiede a Roveggio di contrattare un maestro di arabo in vista della riapertura della missione in Sudan. Nell’ottobre del 1900 Francesca Dalmasso e Maria Bonetti, in veste di “maestre laiche”, raggiungono Omdurman su un carro bestiame senza copertura, ma hanno «un ombrello grigio, occhiali verdi ed un ventaglio per superare il caldo soffocante e trovare respiro». La casetta e la scuola sono di fango, ma funzionali.

Passaggio di testimone
Quando Maria Bollezzoli muore a Verona, il 23 aprile 1901, Costanza Caldara è ancora in Egitto. Viene eletta per succederle in una congregazione che conta 8 comunità e 64 suore. L’anno successivo muore anche Antonio Roveggio e gli succede Francesco Saverio Geyer. Suor Costanza si reca in Africa per verificare la programmata missione di Lul, per lei di particolare valore in quanto nel 1858 Daniele Comboni aveva vissuto la sua prima esperienza missionaria proprio in quella zona. Il 21 giugno 1903 vi arrivano Giuseppa Scandola, Santa Zumerle e Mary Erspan, ma suor Giuseppa muore poco dopo, il 1° settembre 1903.

Nel luglio dello stesso anno era già iniziata a Khartoum la scuola femminile, tuttora operativa come prestigiosa “Sisters’ School” della diocesi. Così le Pie Madri riprendono speditamente la via del Sudan e nel 1904 il 2° Capitolo conferma alla guida della congregazione Costanza Caldara, che crea in Africa la Provincia d’Egitto, con 6 comunità, e quella del Sudan, con 4. Su 80 suore, 61 sono in Africa.

Mantenersi da sé
L’approvazione dell’Istituto da parte della Santa Sede era legata anche alla sua situazione finanziaria. Per mantenersi, le Pie Madri acquistano un terreno a Khartoum e una proprietà a Boccaleone, periferia di Bergamo, dove offrono alla popolazione un servizio retribuito nella scuola materna e in parrocchia; ma l’assetto amministrativo rimane incerto, se la separazione finanziaria dalla Missione dell’Africa Centrale non viene conclusa. Nel gennaio 1902 viene “imposta” alle suore una prima bozza, ma viene subito contestata, anche dal Vaticano.

Nel febbraio del 1906 Costanza Caldara ottiene udienza dal Papa e dal segretario per l’evangelizzazione. Ne segue uno scritto in cui la superiora esprime le proprie obiezioni alla convenzione redatta da Colombaroli, che prevede troppi doveri e troppo pochi diritti per le suore, e precisa le sue richieste, in gran parte recepite dal Vaticano. Dopo un decennio dalla prima vertenza, il 18 giugno 1906 viene concordato il processo di separazione amministrativa, e a fine mese l’Istituto delle Pie Madri ottiene l’approvazione della Santa Sede, che il 4 giugno 1912 ne approverà definitivamente anche le Regole e Costituzioni.

A 40 anni dalla sua nascita, l’Istituto può prendere il largo in relativa autonomia orientato dalle Regole: «Il suo fine è di attendere […] alla propria santificazione, e al tempo stesso dedicarsi specialmente alla conversione e salute dei prossimi nelle missioni dell’Africa, in specie quella Centrale […] . Si potranno accettare ospedali, asili d’infanzia e simili opere anche in Europa».

L’altra Africa
Con l’approvazione dell’Istituto e delle Regole, le Pie Madri possono camminare con maggiore serenità per realizzare il “Piano” di Daniele Comboni: ogni sei anni il Capitolo generale valuta i passi compiuti e ne programma di nuovi.

Costanza Caldara, ulteriormente riconfermata nel 1910 alla guida delle suore, divenute nel frattempo 127, constata che tante giovani sono interessate alla missione ma che l’immenso Vicariato dell’Africa Centrale, suddiviso dal 1913 in Sudan (Nord) e Bahr el Ghazal (nell’odierno Sud Sudan), continua a ritenerle un onere più che una risorsa.
Suor Costanza, riconfermata superiora generale nel Capitolo posticipato al 1919 a causa della Prima guerra mondiale, si appella ancora alla Santa Sede e il 22 novembre 1920 le Pie Madri della Nigrizia passano dal dicastero della Vita religiosa a quello dell’Evangelizzazione dei popoli.

Don Luigi Bonomi, già missionario del Comboni e prigioniero del Mahdi, era da tempo missionario in Eritrea. Conoscendo bene le comboniane, nel 1911 chiede la loro presenza per l’ospedale italiano di Asmara. La nuova comunità, appartenente alla Provincia d’Egitto e approvata nel 1914 anche dal vescovo “protettore” (di Verona) e dal Vaticano, è aperta il 16 dicembre 1914 da Pia Marani, Letizia Magagnotto, Savina Borghi e Rosilde Giacomello, che arrivano in Eritrea con una nave militare e tante perplessità.

Qual è la “vera” missione?
La richiesta di don Bonomi sollevava dubbi sull’identità delle Pie Madri: cosa significava essere per «le missioni dell’Africa, in specie quella Centrale»? Si doveva intendere esclusivamente il Sudan, ovvero l’Africa Centrale affidata a suo tempo a Daniele Comboni, o anche altre parti del continente? Le stesse comunità d’Egitto erano considerate “preparatorie” alla “vera missione” in Sudan. Pia Marani ricorda la sua delusione missionaria: prima in Egitto, poi in Eritrea, mai in Sudan. Ben presto, però, comprende che la missione comboniana non si vive in un determinato luogo geografico bensì nel relazionarsi alla pari con coloro che subiscono emarginazione ed esclusione. Ovunque, anche in Eritrea.

Nel 1914, con l’inizio della Prima guerra mondiale, raggiungere l’Africa dall’Europa diventa impossibile, così le Pie Madri della Nigrizia aprono nuove comunità in Italia (a Brescia, Savona, Verona e Padova) e le chiudono, finita la guerra, nel 1919. In Africa, invece, crescono nuove comunità nel Vicariato del Bahr el Ghazal (sotto l’Impero Britannico): Gulu, nel Nord Uganda, e Wau, nel Sudan Meridionale, Carla Troenzi, Amalia Lonardi, Rosalba Girlanda, Luigia Quaglia e Camilla Uberti arrivano a Gulu il 6 dicembre 1918 e Rosa Tinazzi, Clelia Donà, Brigida Carrettoni, Valentina Cederle e Rosilde Giacomello a Wau il 24 marzo 2019.

Moltiplicazione di presenze
Terminata la guerra, le Pie Madri possono ripartire dall’Italia per l’Africa, e Costanza Caldara promuove una fioritura di comunità in Uganda e Sudan Meridionale (Bahr el Ghazal ed Equatoria, dove dal 1920 al 1931 ne nascono ben 21). In Italia (Roma, Napoli, Verona, Edolo…), come pure in Egitto (Alessandria) ed Eritrea (Massaua), alcune nuove comunità assumono servizi retribuiti per far crescere l’impegno missionario in aree particolarmente emarginate dell’Uganda e del Sudan Meridionale.

Dopo 30 anni, suor Costanza passa il testimone: il Capitolo generale del 1931 elegge Pierina Stoppani, che l’anno successivo inizierà la visita alle comunità dell’Africa. Dopo l’Eritrea e l’Uganda, arriva già ammalata a Torit, nel Sudan Meridionale, dove muore nel 1933. Al suo posto viene eletta Carla Troenzi, già alla guida della Provincia d’Uganda e sua vicaria.

Espansione oltre i “confini”
Costanza Caldara, che aveva conosciuto Comboni di persona e ne aveva assimilato il “Piano”, aveva incoraggiato la crescita missionaria soprattutto, seppur non solo, nell’area geografica dell’Africa Centrale. Carla Troenzi, dotata di intuizione e capace di “leggere dentro” le situazioni, spalanca gli orizzonti della congregazione per rispondere prontamente al “nuovo del carisma”.

Nel 1934 inaugura Raggio, un «fogliolino familiare» che porti notizie a tutte le comunità. Per accogliere il crescente numero di vocazioni con una formazione di qualità, nel 1935 apre un noviziato in Egitto e nel 1936 sdoppia quello di Cesiolo, affollato da quasi 180 giovani, aprendone un altro a Buccinigo d’Erba (Como).

Confermata superiora generale nel 1937, crea subito quattro nuove province (Uganda, Eritrea, Bahr el Gebel e Bahr el Ghazal), per provvederle di personale e mezzi, e si adopera a sviluppare una certa indipendenza economica della congregazione. Nel 1938 risponde positivamente alla richiesta dell’associazione Italica Gens che chiede suore per gli ospedali di Amman e Kerak; così nel 1939 inizia la presenza delle Pie Madri in Medio Oriente.

Paralisi bellica, ma non in Italia
L’anno successivo, con lo scoppio della Seconda guerra mondiale le frontiere si chiudono. Le giovani in formazione diventano suore e sono tante, ma non possono raggiungere né l’Africa né il Medio Oriente. Dall’Eritrea, dove rimane bloccata fino al 1943, suor Carla autorizza che trovino impiego in Italia. Così tra il 1940 e il 1942 vengono aperte 16 comunità: da Arco di Trento a Chieti e dal Pasubio a Napoli, le Pie Madri assicurano il loro servizio in ospedali, scuole, cliniche private e anche nel carcere femminile di Pescara.

In Africa le missionarie italiane in Uganda, “nemiche” dell’Inghilterra, vengono temporaneamente internate a Rhozi, ma altre attività continuano.

Si riparte...
Nel 1945 la pace torna e permette di riprendere lo slancio missionario. Il Capitolo generale del 1946 riconferma suor Carla, le affianca Afra Manzana come vicaria, introduce le “regioni”, realtà territoriali senza noviziato, al posto delle “province” e accoglie le “Pie Sorelle” eritree tra le Pie Madri.

Le missioni nell’Africa anglofona e in altre colonie britanniche (Medio Oriente) impongono di apprendere bene l’inglese: per farlo, le Pie Madri arrivano quello stesso anno nel Regno Unito, a Dorking, a servizio presso una casa dei Padri Bianchi, e nel 1949 iniziano a lavorare nell’Ospedale italiano di Londra. La loro presenza attira vocazioni, così che nel 1951 acquistano nella capitale inglese una casa per il noviziato e per la preparazione professionale delle suore.

Nel 1950 comincia anche la presenza nei Paesi Arabi, ad Aden, dove le Pie Madri sono chiamate dal vescovo per assicurare la continuità didattica nell’unica scuola della diocesi. La loro presenza nelle scuole si estende in pochi anni anche al Bahrein e a Dubai.

Al di là degli oceani
Nel 1949 Carla Troenzi prende l’iniziativa e sollecita suor Noemisia Gottardo, che aveva familiari emigrati negli Usa, a far loro visita e a contattare vescovi statunitensi disposti ad accogliere le Pie Madri per dare attenzione alla locale popolazione afrodiscendente. La prima risposta positiva giunge dalla diocesi di Mobile, in Alabama, e la seconda da quella di Richmond, in Virginia.

Dopo pochi mesi suor Francesca Kirby, comboniana inglese, raggiunge suor Noemisia (che non sapeva una parola di inglese) per preparare l’apertura delle due comunità. Scrive da Richmond alla superiora generale: «L’opera è immensa, 30.000 neri nella parrocchia, che è così grande che ha preso tutto il giorno a girarla con l’auto; fra tutti questi, poche centinaia di cattolici, ma altre centinaia che domandano istruzione… Non esiti ad accettarla».

Così il 27 dicembre 1950 partono da Napoli le prime Pie Madri destinate all’America: Emanuella Baldisserotto, Emma Gazzaniga, Clelia Mainetti, M. Nazzarena Daldosso, M. Cecilia Trezzi, Lucia Paganoni, Bonosa Colombo e Santina Pagani raggiungono la Virginia e l’Alabama e si mettono a servizio della Nigrizia che gli schiavisti avevano deportato secoli prima in quelle terre.

Poiché una delle finalità della presenza negli Stati Uniti era anche favorire vocazioni per l’Africa, una parte della casa regionale di Richmond è adibita alla formazione delle giovani: le prime tre arrivano il 16 luglio 1961, due statunitensi e una messicana.

Congo: missionarie cercansi
A motivo della politica del governo coloniale, dal 1885 la missione cattolica del Congo Belga aveva accolto quasi esclusivamente personale dal Belgio. Nella regione orientale di quell’immenso Paese, però, mancano suore e il vescovo di Wamba, Joseph Wittebols, chiede aiuto alle Pie Madri.

Carla Troenzi risponde al suo accorato appello: dopo un anno di preparazione linguistica e professionale in Belgio, Clementina Previtali, M. Elisea Pezzi, Silvana Clerici, Sistina Salvatore e Pia Nazarena Zorzan partono da Venezia, alla fine del 1951, dirette a Nduye. Sostano un mese presso le suore di Bafwabaka per acclimatarsi e studiare la lingua swahili, e i primi di marzo del 1952 sono già in piena attività nella scuola, nel centro sanitario e nella parrocchia di Nduye.

Per ridurre il loro isolamento, l’anno successivo arrivano altre comboniane nella “vicina” missione di Maboma.

Mozambico: richiesta dai Figli del Sacro Cuore di gesù
Delle tante comunità avviate da Carla Troenzi, questa è la prima sollecitata da un comboniano. Padre Zambonardi aveva avanzato la prima richiesta nel 1948, ma fino al 1952 il vescovo di Nampula non lo aveva assecondato: c’erano suore portoghesi in abbondanza. Quando queste vengono meno, arriva a Verona la richiesta del vescovo, ma passerà un anno prima che le Pie Madri partano per il Portogallo, apprendano la lingua e ottengano dal governo coloniale il permesso di raggiungere il Mozambico. Giancarla Larghi, Irene Quaglia, Cristofora Seppi ed Ezia Brenna navigano per 28 giorni prima di approdare all’Isola di Mozambico il 13 settembre 1954.

La vicina Mossuril è zona islamica, ma il giorno 20 le suore sono già al lavoro: Ezia in ambulatorio, Irene a scuola, e Giancarla e Cristofora a sistemare paramenti e altro. In pochi anni, nasceranno altre comunità di Pie Madri a Mueria (1956) e a Namahaca (1960).

Brasile: ancora un appello comboniano
Anche in Brasile le Pie Madri arrivano per l’insistente richiesta di un comboniano, Angelo Dell’Oro, di avere almeno tre suore: era il 1954. Nel novembre del 1955, finalmente da Verona ne partono quattro: Maria Giulitta Limonta, Flora Maria Inverardi, Giuseppa Panza e Ulderica Marcolegio. Imbarcate a Genova sulla Giulio Cesare, il 1° dicembre raggiungono Rio de Janeiro; dopo qualche giorno continuano in aereo per Vitória e sbarcano infine a Nova Venécia, dove si occupano della gioventù, dell’infanzia, della catechesi, del servizio liturgico, della promozione della donna e degli ammalati.

La seconda comunità di Pie Madri verrà aperta due anni dopo a São Mateus, e la terza nel 1958 a João Neiva, sempre nello Stato dell’Espírito Santo.

Missionarie o no?
Il dilemma sull’identità missionaria delle Pie Madri della Nigrizia, già emerso nel 1914 con le prime comunità in Eritrea, ovvero “al di fuori” dell’Africa Centrale di comboniana memoria, si ripresenta con maggiore insistenza per la fioritura di comunità nel mondo arabo e, ancor più, nelle Americhe. Il nome stesso delle missionarie, “Pie Madri della Nigrizia”, conteneva un riferimento esplicito all’Africa. E allora perché essere anche negli Usa, in Brasile e nel mondo arabo?

Nel 1954 il dibattito aveva già trovato spazio sulle pagine di Raggio, ma Carla Troenzi non aveva dubbi: «Era una messe che maturava quasi automaticamente, in attesa di evangelizzazione». Nel maggio 1955, dal Golfo Persico le faceva eco suor Osanna Pasini con una lettera pubblicata su Raggio: «A Manama si parlano tutte le lingue e i fanciulli vengono alla nostra scuola cattolica anche se musulmani o ebrei, protestanti o indostani, perché hanno visto che le suore hanno cura di loro, insegnano cose buone e li educano a una certa civiltà e a volersi bene. Forse in quel volersi bene sta racchiuso tutto il nostro apostolato, ma non crediamo con questo di demeritare il titolo di missionarie». Nel febbraio 1958 suor Maria Iride Galati, allora direttrice di Raggio, chiarisce il motto di Comboni “Salvare l’Africa con l’Africa”: «Non si tratta di escludere altri popoli, si tratta semplicemente di definire con chiarezza il campo del lavoro missionario propostoci», ovvero promuovere la dignità di popoli emarginati ed esclusi, privati di riconoscimento e dignità.

Mentre la polemica imperversa, inizia il 10° Capitolo generale: dopo 25 anni di slancio missionario, Carla Troenzi lascia il suo servizio di guida. Le subentra Teresa Costalunga, che continuerà comunque a rispondere agli appelli dalle Americhe, e nel 1959 le Pie Madri arriveranno anche in Ecuador.
Ben presto il concetto di “missione” diventerà oggetto di riflessione e confronto per tutta la Chiesa cattolica durante il Concilio Vaticano II, che papa Giovanni XXIII annuncia a sorpresa il 25 gennaio 1959 e che durerà più di tre anni, fra il 1962 e il 1965.

Last modified on Venerdì, 03 Giugno 2022 13:52

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