Giovedì, 26 Agosto 2021 19:08

Regolarizzazione, un anno dopo

La regolarizzazione avviata nel 2020 puntava a “sanare” rapporti di lavoro irregolari, prevedendo contestualmente il rilascio di un permesso di soggiorno per il lavoratore nel caso in cui il lavoratore stesso fosse uno straniero senza permesso. Le ragioni della regolarizzazione erano in prima battuta di ordine sanitario: si è ritenuto che per affrontare meglio l’epidemia fosse importante regolarizzare la presenza di tutte le persone presenti sul territorio. L’uso della parola “tutte”, però, è fuori luogo, perché sin dall’inizio l’inserimento di alcuni requisiti ne ha escluse moltissime dalla presentazione della domanda

Il requisito più vincolante, e criticato, è che l’attività lavorativa fosse solamente quella svolta in alcuni specifici ambiti, che erano l’agricoltura e altre attività del settore primario, il lavoro domestico e l’assistenza alle persone non autosufficienti. In questo modo sono stati esclusi settori nei quali la presenza degli stranieri è invece molto importante.

Vincoli e “paletti”
In secondo luogo, un problema strutturale è che la domanda per le pratiche del “primo canale” – il più utilizzato – andava presentata dal datore di lavoro, non lasciando grande margine di manovra per il lavoratore nel caso in cui il datore di lavoro non procedesse con la richiesta. A ciò si aggiunga una sequela di disposizioni e nuovi “paletti” che si sono susseguiti continuativamente nel tempo, in taluni casi con correzioni e cambiamenti di rotta da maggio 2020 fino al 2021.

Due canali ...
La regolarizzazione prevedeva un iter per chi lavorava in modo irregolare e un altro per chi aveva un permesso di soggiorno scaduto. Nel primo caso, noto come “primo canale”, la domanda di regolarizzazione doveva essere presentata dal datore di lavoro; nel secondo caso, veniva inoltrata direttamente dal titolare di permesso scaduto.
Su poco più di mezzo milione di stranieri irregolarmente presenti in Italia a inizio 2020 (517.000 secondo la fondazione Iniziative e studi sulla multietnicità, Ismu), solamente 220.000 hanno presentato la domanda. Precisamente, 207.000 sono state presentate all’interno del “primo canale”, mentre 13.000 stranieri con permesso scaduto hanno potuto fare domanda di un permesso di soggiorno temporaneo nel “secondo canale” direttamente alla Questura di riferimento.

… e tanta burocrazia
Il secondo canale comporta una procedura decisamente più veloce rispetto al primo, le cui pratiche, che passano prima per la Prefettura e poi per la Questura, procedono particolarmente a rilento: al 20 maggio 2021, secondo il report della campagna “Ero Straniero”, erano state trattate dalle Prefetture circa 29.000 pratiche, le quali dovevano poi essere inviate alle Questure per il completamento dell’iter. Al 15 aprile avevano completato anche questa fase, con la consegna del permesso di soggiorno, soltanto in 5.603, meno del 3% delle domande.
Per un dato più aggiornato, il 22 luglio la ministra dell’Interno ha dichiarato, al question time in Parlamento, che erano state lavorate dalle Prefetture 51.394 pratiche: il 25% del totale.
All’interno del secondo canale, invece, al 22 luglio erano stati consegnati 9.918 permessi di soggiorno temporanei, il 76%. Per quanto si sia registrata un’accelerazione, dopo un anno non sono comunque ancora state trattate tutte le domande, che peraltro erano un numero modesto. Per le lentezze burocratiche, al 15 aprile aveva concluso la procedura e ottenuto un permesso di soggiorno per lavoro solo il 5% dei richiedenti.

Il grave peso dell’incertezza
A metà aprile, erano più di 200.000 ancora in attesa di sapere che ne sarebbe stato della loro domanda e dunque del loro eventuale soggiorno regolare in Italia.
In questa lunghissima fase di limbo non è possibile godere appieno di tutti i diritti, per esempio quello di trovare un nuovo lavoro o di viaggiare verso il proprio Paese di origine. Altri diritti sono inoltre teoricamente accessibili ma all’atto pratico molto complessi da esercitare, perché lo status della persona non è ancora definito.
Allo stesso modo, tutti i datori di lavoro coinvolti nel primo canale erano ugualmente in attesa di uscire dall’incertezza riguardo alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro.
Nell’arco di un anno, la vita delle persone cambia, ma la loro possibilità di rimanere in Italia regolarmente è ancorata a una procedura farraginosa e lenta; anche se negli ultimi mesi vi è stata una leggera accelerazione, ai ritmi attuali potrebbero servire anni prima di vedere la conclusione.

 

Continua...

Last modified on Lunedì, 30 Agosto 2021 17:57

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