Lunedì, 02 Agosto 2021 19:15

Gli inizi: “espulsione generativa

Le comunità di suore comboniane in Kenya sono il frutto inatteso della loro espulsione in massa dal Sudan meridionale, avvenuta a inizio marzo del 1964. Come apprende la notizia, Carlo Cavallera, missionario della Consolata e vescovo della diocesi di Nyeri, in Kenya, inoltra richiesta per averne alcune nella sua diocesi. Queste pagine si soffermano sui primi decenni di presenza

Le prime veterane del Sudan arrivano a Karatina il 16 ottobre 1964 scortate dal nuovo vescovo di Nyeri, Cesar Gatimu: sono Ermella Cariolato, Alessandrina Negri, Virginelda Barbieri e Noemi Piazza.
A circa 150 chilometri a nord di Nairobi, Karatina è un centro agricolo nel cuore della terra dei Kikuyu. La missione è gestita dai missionari della Consolata; le suore assicurano i servizi di cucina e guardaroba, oltre che lavorare nella scuola, nel centro di salute e in parrocchia.

Il 2 gennaio 1965 viene aperta, a circa 10 chilometri di distanza, una seconda comunità di comboniane, che subentrano alle missionarie della Consolata nella scuola secondaria femminile di Ngandu, l’unica della diocesi. Grazie alla dedizione di Nazarena Zonta, Lucilla Sbicego, veterane del Sudan, e Olga Pignatelli, la scuola secondaria raggiunge in poco tempo livelli di eccellenza nazionale.

Zona pericolosa
Ormai vescovo della nuova diocesi di Marsabit, pari a 2/3 dell’Italia, Carlo Cavallera chiede altre missionarie: la vasta regione, situata oltre la barriera di Isiolo fino al confine con l’Etiopia, è semiarida, priva di strade e abitata da popoli nomadi e seminomadi rimasti immuni alla colonizzazione. Le poche volte che si spostano verso Nairobi dicono: «Andiamo in Kenya».

Il 22 gennaio 1966, dopo un viaggio lungo e alquanto avventuroso, Clorinda Zarantonello, Prassede Zamperini e Agnese Sabbadini partono da Ngandu e raggiungono Laisamis. A Isiolo la barriera segna l’inizio di una pista sterrata e alquanto insicura a motivo delle incursioni di banditi somali, noti come shifta: la principale via di comunicazione con l’Etiopia è percorribile soltanto con scorta militare. La attendono per un giorno ad Archer’s Post: oggetto di sguardi curiosi, sono le prime suore a entrare in quella zona tanto pericolosa. Dopo circa 180 chilometri di polvere e sole infuocato arrivano alla missione di Laisamis, avviata dai missionari della Consolata in una zona semidesertica popolata da nomadi di etnia rendille (ma vi sono anche Samburu e Turkana) che praticano le religioni tradizionali e migrano in cerca di pascoli per il bestiame: i conflitti “tribali” attorno alle scarse risorse sfociano spesso in scontri violenti.

Il villaggio è pressoché inesistente: dalla strada si scorgono soltanto gli edifici della missione, con l’ospedale ancora in costruzione, ma l’accoglienza di padre Graiff è squisita e le suore si mettono subito all’opera: l’infermiera nel piccolo dispensario e la maestra sotto un albero.

Ulteriori sviluppi
La superiora generale, Teresa Costalunga, visita le comunità del Kenya nel mese di maggio 1966. Arrivata a Laisamis prende atto dell’eccessivo isolamento della comunità: anche il cibo è scarso.
Per offrirle supporto, il 7 ottobre dello stesso anno viene aperta una comunità a Marsabit, capoluogo del distretto e sede della diocesi. È un’oasi verdeggiante in mezzo a terre aride, popolata da un mosaico di etnie. La missione era stata avviata nel 1963 dai sacerdoti della diocesi di Alba. Le comboniane si dedicano alla scuola primaria residenziale e alla formazione delle comunità cristiane, dando particolare attenzione alle donne.

Lo sviluppo di Laisamis avviene gradualmente attorno all’ospedale diocesano, affidato alle comboniane e ai medici del Cuamm, ma la vita è dura. Marsabit, 110 chilometri più a nord, è immersa nel verde, con abbondanza di frutta e ortaggi. Le comunità cristiane crescono rapidamente, anche grazie alle numerose scuole sponsorizzate dalla Chiesa. A metà degli anni Ottanta il vescovo chiede una comboniana per la formazione degli insegnanti di quelle scuole: nel 1986 arriva a Marsabit suor Mariarosa Ungari, già insegnante nella missione di Moyale, e vi rimarrà fino al 1994.

Tempo di espansione
Dal 1971 inizia un decennio di incredibile fioritura. Nuove comunità vengono aperte in diverse parti del Kenya. Dalle fertili terre della Provincia Centrale alle aride regioni del Nord-est e del Nord-ovest si contano: Sololo, Gaichanjiru, Sagana, Moyale, Ting’anga’, Kacheliba, Tartar, Thigio, Makindu (unica missione fra i Kamba), Kariobangi, Naivasha, la casa provinciale di Nairobi e la missione di Kolongolo, vicino a Tartar (che nel frattempo era stata chiusa). Alcune comunità gravitano primariamente attorno a ospedali (Sololo e Gaichanjiru) o a scuole (Ngandu e Kacheliba), ma in generale offrono una varietà di servizi, dalla formazione delle comunità cristiane alla promozione della donna. La comunità di Ongata Rongai è specificamente a servizio della congregazione missionaria locale delle Evangelizing Sisters of Mary, accompagnata dalle comboniane fino al 1995.

 

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Last modified on Lunedì, 02 Agosto 2021 19:21

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