Il dramma della guerra in Ucraina ci ricorda ancora una volta quanto tragica può essere la storia dell’umanità. Le immagini di città distrutte e le lacrime di chi piange le persone care ci ricordano quello che scrisse della guerra un eroe diventato poi presidente della Repubblica francese: «La guerra suscita nel cuore degli uomini il fango dei loro peggiori istinti. Attribuisce maggiore importanza alla violenza, alimenta l’odio e scatena l’avidità. Schiaccia i deboli, esalta gli indegni e rafforza la tirannia [...] ha distrutto ogni vita ordinata, devastato la speranza e ucciso i profeti». Parole dure, scritte nel 1932 da Charles de Gaulle quando in Europa si annunciavano venti di guerra.
La colpa più grande della Ue
Dalla tragedia della Seconda guerra mondiale, però, l’Europa ha saputo trarre una grande lezione ed è riuscita, dopo secoli di terrore e di odi, ad avvicinare i popoli, avviare un processo di integrazione e favorire la pace all’interno di un vasto territorio che si riconosce nei valori dell’Unione Europea. Eppure, oggi la guerra è di nuovo alle nostre porte.
Già gli eventi nella ex Jugoslavia avrebbero dovuto servire di lezione, ma i capi di Stato europei di allora non li seppero comprendere e affrontare. All’Europa non bastano un Parlamento eletto a suffragio universale, l’abbattimento delle frontiere, la libera circolazione delle merci e delle genti, e l’uso di una moneta comune, se non si dota di un governo in grado di esprimere una propria politica estera e che non si limiti a esportare solo merci, ma anche la pace.
È questa incapacità di esportare il bene più prezioso, la pace, che rappresenta la colpa più grande dinanzi all’aggressione dell’Ucraina.
Miopia dolosa...
La crisi ucraina è iniziata otto anni fa con la secessione del Donbass e l’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa, tutte operazioni da essa palesemente alimentate. Davanti a questi avvenimenti che, già prima dell’attacco del 24 febbraio 2022, avevano provocato nel Donbass la morte di oltre 15.000 persone in un conflitto armato “silente”, l’Unione Europea come ha reagito?
Dal 2014 sino al febbraio scorso ha assecondato, magari controvoglia, le scelte politiche degli Stati Uniti e applicato sanzioni economiche, ma allo stesso tempo ha aumentato la richiesta di forniture di gas dalla Russia. Una contraddizione che oggi, a guerra in corso, si ritorce contro l’Ue e la sua popolazione. Con i cannoni che sono tornati a tuonare alle sue porte, l’Unione Europea sta inasprendo le sanzioni sia in campo finanziario che in campo economico, ma resta vittima della mancanza di una strategia energetica che di fatto la vincola in particolare proprio alle forniture russe di gas.
… e profondo esame di coscienza
In questa fase della storia l’Unione Europea, pur compatta nel promuovere le sanzioni e nel sostenere con aiuti militari e umanitari la resistenza del popolo ucraino, appare impotente e fragile dinanzi alla violenza delle armi. Questa guerra deve imporre all’Unione un profondo esame di coscienza, perché quanto sta accadendo ai propri confini mostra che cosa implica non aver ancora costruito un governo europeo che legittimi il fatto di poter sedere al tavolo con il leader russo da pari a pari.
Putin non riconosce ai singoli leader europei, che ogni giorno lo contattano, la necessaria autorità per parlare a pieno titolo per conto dell’Unione e li asseconda, siano essi Macron o Draghi, per pura formalità, ben sapendo che, se deve trattare, i suoi interlocutori si chiamano Biden o Xi Jinping. Al tavolo delle trattative per porre fine alla guerra con l’Ucraina, Putin preferisce addirittura avere come mediatore il governo turco.
È il tempo delle scelte...
In più occasioni Vladimir Putin si è espresso con parole di dileggio e disprezzo sulle democrazie liberali. Se con tanta facilità egli può aggredire una nazione confinante e negarle il diritto alla sovranità, questo può essere imputato anche all’Unione Europea, che non è riuscita a darsi un assetto istituzionale con un governo federale che risponda al Parlamento e disponga di autorevolezza e di una vera strategia internazionale.
Si tratta di scelte non più rinviabili: il ritorno della “politica di potenza” della Federazione Russa e l’ascesa della Cina a potenza industriale le ha rese due nazioni che condividono, in questa fase, la scelta di contrastare in ogni modo la politica estera degli Stati Uniti in Europa e nell’area del Pacifico. L’Unione Europea è rimasta ai margini del confronto-scontro tra le “grandi potenze” continentali.
Nel prossimo futuro, la tragedia della guerra che devasta l’Ucraina è destinata a segnare in modo decisivo gli equilibri a livello mondiale. Per generazioni, lascerà tracce di odio e rivalità tra il popolo russo e quello ucraino. Suonano quasi come una beffa le parole pronunciate da Putin il giorno precedente all’attacco, quando dichiarò che Russia e Ucraina sono un sol popolo, popoli fratelli. Tragica fratellanza degna di un Caino.
… per favorire la pace
Al termine del drammatico conflitto in Ucraina, l’Unione Europea dovrà impegnarsi a garantire la ricostruzione di quel Paese, dove intere città sono rase al suolo. Questo ruolo sarà possibile se l’Ue saprà cogliere la necessità di una riforma delle proprie istituzioni per essere all’altezza delle responsabilità che dovrà affrontare, che si tratti di contenere le mire imperialiste di Putin o di coinvolgere la Federazione Russa, superata questa sua fase egemonica, in un’architettura pacifica.
Come cittadini e cittadine dell’Ue, abbiamo il dovere di chiedere che l’Unione diventi una federazione dotata di un proprio governo legittimato da un Parlamento eletto democraticamente. Oggi l’assenza di una vera politica europea pesa negativamente sul nostro continente e non solo; ciò rende impossibile favorire la pace al di fuori dei confini dell’Unione. La pace, che è il valore più alto cui l’umanità possa aspirare.
Ce lo ricorda anche la Bibbia con Isaia (32,17): «La pace sarà l’effetto della giustizia; e ciò che la giustizia opererà sarà riposo e sicurezza, in perpetuo».