Donna, vita, libertà! Manifestazione contro la repressione in Iran
Domenica, 08 Gennaio 2023 20:51

Donna, vita, libertà!

8 gennaio, ore 11.00. La melodia di “Bella ciao” riempie l’aria attorno all’Arena di Verona, ma le parole che diffonde sono in persiano.

In piazza ci sono tanti e tante giovani, cittadini e cittadine dell’Iran. Molte sono giovani fuggite all’inizio della repressione, altre studiano da tempo in Italia; oggi sfidano la pioggia e il freddo per affiancare familiari, amici e amiche che in Iran manifestano sfidando proiettili, torture e anche la condanna a morte. E pensare che l’Iran nel 1948 ha firmato la Dichiarazione universale dei diritti umani!

C’è chi offre una rosa a chi arriva per esprimere vicinanza, altri e altre tengono alti cartelli con i volti e i nomi delle giovani vittime iraniane, e anche di Aida Rostami la donna medico di 36 anni uccisa perché curava le manifestanti.

Davanti al piccolo gazebo che ripara microfoni e altoparlanti, campeggia la bandiera iraniana e il motto che da più di 100 giorni risuona nelle strade di Teheran e tante altre città: «Donna, vita, libertà!». Sotto, in rosso, «No all’esecuzione», e a fianco il cappio dell’impiccagione. Ieri, non lontano da Teheran, stringeva il collo di Mohammad Mehdi Karami, 21 anni, e Seyed Mohammad Hosseini, 26 anni.

Attorno si raccoglie una folla adulta, solidale e silenziosa, che diventa sempre più numerosa

Mi avvicino a Shirin (nome di fantasia), una giovane poco più che ventenne. Il suo italiano e scarno, il mio persiano inesistente, e allora subentra l’inglese. È arrivata da poco in Italia e ringrazia per le espressioni di solidarietà che anche oggi riceve. Ha gli occhi lucidi; trema per chi ha lasciato in Iran e tiene alto il cartello con il volto e il nome di una ragazzina di 14 anni, Masooumeh, stuprata e uccisa dalla polizia perché a scuola si era tolta il velo: «La vostra vicinanza mi fa sentire “in famiglia”, nonostante tutto».

Al microfono si avvicendano espressioni di solidarietà: il sindaco di Verona, la portavoce delle Donne in Nero, una consigliera comunale. A loro risponde una giovane iraniana. In ottimo italiano menziona gli oltre 100 giorni dall’inizio delle manifestazioni contro l’uccisione di Mahsa Amini e ricorda che l’8 gennaio 2020 un “errore” dei Guardiani della Rivoluzione ha abbattuto un aereo ucraino: 176 vittime innocenti per vendicare l’uccisione del generale Pasdaran Qassem Soleimani da parte del governo Usa.

Denuncia le sanzioni, che hanno messo in ginocchio la popolazione iraniana ma non il suo regime dittatoriale: i proiettili sparati contro le e i manifestanti le hanno astutamente aggirate. «Abbiamo bisogno del vostro sostegno ‒ implora ‒. Per favore, aiutateci! Anche noi vogliamo una vita normale in un Paese normale, secolare e democratico. Ogni vostro gesto di sostegno è importante. Molti governi occidentali chiedono che le manifestazioni continuino pacificamente, ma adesso non è più possibile. I pasdaran e i poliziotti sparano al volto e ai genitali. Hanno arrestato quasi 20.000 persone e le sottopongono ogni giorno a torture fisiche e psicologiche. Cercano di fermarci con la strategia del terrore. Senza il vostro sostegno concreto, tutto il sangue finora versato sarà inutile!».

Dare un sostegno concreto non è facile, neanche per l’Onu,  ma lo stesso giorno in tante altre parti del mondo si svolgono manifestazioni analoghe. A Roma, davanti all’ambasciata iraniana, il direttore del quotidiano “La stampa” consegna 300.000 firme raccolte per fermare le esecuzioni capitali, mentre in altre città le Donne in Nero chiedono a tutti i Paesi dell’Unione Europea di ritirare i propri ambasciatori fino a quando le esecuzioni non saranno interrotte.    

Last modified on Domenica, 08 Gennaio 2023 20:59

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