Lunedì, 04 Ottobre 2021 18:32

Missione “educazione”

Ero assegnata all’Uganda, ma Idi Amin non rilasciava più visti, così vengo “dirottata” in Kenya per sostituire suor Attilia Colombo, direttrice della scuola femminile di Marsabit

Nel mese di novembre 1973 parto dall’Italia con Pierina Mazzoleni e la delegata del Kenya, Adriana Squarzon. Dopo qualche giorno raggiungo Ngandu, dove Prassede Zamperini della comunità di Marsabit passa a prendermi con don Redento, un sacerdote che lavora tra i Rendille ed è “in Kenya” per spese. A Isiolo la polizia ispeziona con cura l’auto, alza la sbarra e augura: «Safari njema!» (Buon viaggio!).

La “frontiera” del Nord
Con una scia di polvere rossa alle spalle, lasciamo il Kenya “civilizzato” per avventurarci nel deserto e nella savana adibita a pascolo di popoli somali che spesso diventano predoni. Prassede annuncia che pernottiamo nella missione di Laisamis perché ci teneva che vedessi Marsabit con il sole. Arriviamo a un villaggio di poche capanne, senza luce né acqua. Alla missione ci accoglie suor Clorinda Zarantonello, espulsa nel 1964 dal Sudan, e offre acqua e limone alle nostre gole secche, impastate di polvere e senza appetito. Poi arrivano anche le altre: prendiamo un boccone e mi raccomandano di rincalzare bene la zanzariera sotto il materasso: zona di malaria! Nel mezzo della notte, un ruggito. «Non è raro che all’ospedale arrivi una persona ferita dal leone», mi spiegano il mattino seguente.

Nella nebbia di Marsabit
Sotto un sole già alto su un deserto bruciante ripartiamo alla volta di Marsabit, ma a Karare il sole è inghiottito dalla nebbia. A Marsabit ci vengono incontro i sacerdoti fidei donum della diocesi di Alba che hanno avviato la parrocchia nel 1963: Asteggiano, Molino e Rinino. Nel frattempo, dal centro per la promozione della donna sbuca suor Felicina Cremona, dalla scuola di taglio e cucito suor Trinidad Rodríguez, e dal dormitorio delle ragazze suor Esperanza Rosillo. Poco dopo sopraggiunge dalla scuola suor Attilia Colombo. La nebbia gocciola tristemente e fa freddo, ma l’accoglienza è calorosa e il sole brilla nel pomeriggio.

Mediazioni etniche
Le consegne a scuola non sono difficili: la vicepreside è Mary Mumbi, prima kenyota accolta tra le missionarie comboniane. Esperanza gestisce lo studentato, che ospita un bel numero di ragazze provenienti da vari villaggi e 11 etnie diverse: una ricchezza di costumi e tradizioni con qualche conflitto da risolvere, ma lei riesce a riconciliare Gabra e Borana, Rendille e Samburu, Turkana e Burji.
La collaborazione tra preti e suore per favorire l’educazione delle ragazze mi rallegra, però alla partenza di Mary Mumbi sorge un problema: nessuno degli undici maestri voleva insegnare la lingua swahili, perché erano in maggioranza di etnia kikuyu e disapprovavano che il presidente Jomo Kenyatta, anch’egli kikuyu, non avesse scelto il loro idioma come lingua nazionale. Felicina Cremona, esperta insegnante con anni di missione in Sudan, sapeva bene il swahili e mi incoraggia: «Ti aiuto io! Prepariamo insieme le lezioni». Ancora oggi le sono riconoscente.

“Salvare l’Africa con l’Africa”
Le ragazze studiavano volentieri; alcune riuscivano a superare bene l’esame di ottava (equivalente alla terza media) e ad accedere alla scuola superiore delle Missionarie della Consolata a Wamba. Alcune si sono diplomate e sono tornate come insegnanti nella scuola di Marsabit; altre, divenute infermiere, lavorano nei dispensari della parrocchia. Alla partenza di Mary Mumbi diventa vicepreside un Borana, John Duba, sposato a un’insegnante ex alunna della scuola. Entrambi sono molto impegnati e capaci; gradualmente maturo la decisione di lasciare a lui la gestione della scuola e nel 1980, quando mi trasferisco a Kacheliba, al confine con l’Uganda, John mi subentra.

Continua...

Last modified on Lunedì, 04 Ottobre 2021 18:38

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