Lunedì, 28 Giugno 2021 21:07

Le beghine, ovvero...

Non è facile ricostruire il complesso e variegato mondo delle beghine, vuoi per l’ampiezza temporale del fenomeno (dal XII al XV secolo), vuoi per la sua estensione geografica. Apparse nei Paesi Bassi alla fine del 1100, si diffusero rapidamente soprattutto in Renania, Provenza e Italia settentrionale. Nel panorama dei movimenti religiosi che attraversavano il Medioevo la loro vita fu subito percepita come una novità, generando non poca apprensione nelle gerarchie ecclesiastiche: erano donne laiche dalla forte personalità e dalla cultura non comune, che vollero vivere al di fuori dei chiostri, svolgendo un lavoro manuale e ritrovandosi insieme ad altre donne nella preghiera, nello studio della Bibbia e nelle opere di assistenza caritatevole.

UN MODO NUOVO DI PARLARE DI DIO
Ida di Nijvel, Maria di Oignies, Odilia di Liegi, Hadewijch d’Anversa, Ida di Gorsleeuw, Beatrice di Nazareth, Matilde da Magdeburgo, Margherita Porete sono alcuni dei nomi di queste maestre. La loro opere letterarie (trattati, lettere, poesie, ecc.), composte nelle lingue volgari, consentirono di esprimere con la freschezza della lingua viva un’esperienza religiosa intensa: rivoluzionarono la narrazione teologica e, addirittura, la consueta modalità di parlare di Dio. Hadewijch d’Anversa, per esempio, nei suoi 45 canti d’amore usa espressioni di genere femminile chiamando Dio «Signora Amore» (Frau Minne). Nella sua poesia il linguaggio diventa teologia mistica, un’esperienza di fede e di amore, sola in grado di accedere alle profondità del divino. Per Margherita Porete, Dio non solo può essere definito «Dame Amour» (dove il termine «amore» nel francese antico è di genere femminile), ma anche il «Lontanovicino» da incontrare nel profondo di noi, in un rapporto d’amore diretto e senza mediazioni; non un oggetto da catturare, ma un mistero infinito nel quale abitare per superare ogni alterità, gerarchia e separazione. Lo scopo ultimo delle beghine era di trascendere sé stesse e di fondersi con Dio.

MAESTRE DI VITA
All’astrattezza del linguaggio teologico, le beghine contrappongono l’esperienza d’amore e la meditazione sull’incarnazione di Dio. A una Chiesa di potere, a un Dio Onnipotente e a un Cristo giudice offrono l’alternativa di vite povere di concreta comunione e condivisione, l’immagine di un Dio vicino nella fragilità del Figlio e, attraverso di lui, in quella della debole condizione umana. Emerge negli scritti di queste donne una spiritualità piena di quella affettività materna che non riscontriamo con la stessa intensità nella coeva produzione religiosa maschile.

Le beghine furono considerate maestre di vita da discepoli e discepole che, affascinate dalla libertà con cui vivevano e parlavano, si raccoglievano intorno a loro. Per questo divennero sospette al clero, che nell’indipendenza del loro percorso spirituale vedeva una minaccia all’autorità gerarchica. Eppure, nonostante molte di loro siano state condannate e dimenticate, ancora oggi le parole nuove che hanno saputo usare rimangono piene di fascino e capaci di rinnovare la teologia perché indicano come l’esperienza d’amore possa diventare la sola conoscenza in grado di accedere alle profondità di Dio.

Last modified on Mercoledì, 30 Giugno 2021 08:45

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