Sabato, 02 Aprile 2022 11:22

Cittadinanza accidentata

Diventare cittadini e cittadine italiane per gli stranieri presenti in Italia è un percorso piuttosto accidentato. Il problema principale è la legge di riferimento, che risale al 1992 e il 5 febbraio ha compiuto ben 30 anni; ma era nata già vecchia.

Quella legge deriva infatti da una del 1912 e ne ha conservato intatto l’impianto complessivo, basato sull’idea che la cittadinanza italiana si acquisisce sostanzialmente per ius sanguinis, cioè per diritto di sangue, come figli e figlie di cittadini italiani. Nel 1912 questo concetto aveva anche un significato profondo, visto che l’Italia era un Paese di forte emigrazione: la legge consentiva a chi emigrava di conservare la cittadinanza italiana e di poterla tramandare alla propria discendenza. Questo impianto era prefascista.

Una grave negligenza
La legge 91/1992 aveva tra le principali innovazioni la parità di genere, perché solo nel 1983 era stato sancito per legge che le donne potessero tramandare la cittadinanza ai loro figli e figlie esattamente come gli uomini.

Nella sostanza, però, rimaneva una legge che guardava al passato e che non riconosceva l’incipiente cambiamento dell’Italia, che da Paese prevalentemente di emigrazione si stava trasformando in un Paese anche di immigrazione. All’epoca questa mancanza di visione poteva essere comprensibile, oggi non più.

Quali modifiche?
Purtroppo il cambiamento di questa legge è stato improntato a derive ideologiche, ricorrenti per tutto ciò che riguarda l’immigrazione in Italia.
Tralasciando le decine di proposte di riforma negli ultimi anni, il fatto concreto con cui si scontrano le persone straniere che oggi aspirano alla cittadinanza italiana è che le modifiche recenti a questa legge hanno quasi sempre reso il processo più complesso, anziché più semplice.

Nel 2009 è stata introdotta una specifica tassa sulla cittadinanza, aumentata nel 2018; sempre nel 2018 è stato introdotto il requisito della conoscenza della lingua italiana, mentre i requisiti di reddito sono stati rafforzati negli ultimi anni.

Altro ostacolo è costituito dai tempi: oggi il termine massimo previsto per la procedura è di 3 anni, ma nel 2019 si era arrivati a 4 con il Decreto Salvini, e spesso l’espletamento delle pratiche amministrative supera il tempo massimo fissato dalla legge.

Come si acquisisce oggi la cittadinanza?
I modi principali sono:
• per residenza: 10 anni per i cittadini extraUe, 4 per i cittadini Ue e 5 per i rifugiati e apolidi,
• per matrimonio;
• per trasmissione: i minorenni possono diventare cittadini italiani quando lo diventa un genitore;
• per elezione: solo per chi è nato ed è vissuto ininterrottamente in Italia dagli 0 ai 18 anni;
iure sanguinis, cioè per i richiedenti che forniscono documentazione dell’ascendenza italiana.

Questione “giovani”
Le grandi assenti sono le nuove generazioni: nonostante le diverse proposte di legge, non è mai passata una modifica che incorporasse i grandi cambiamenti avvenuti nella composizione demografica del Paese.

L’introduzione dello ius culturae – attribuzione della cittadinanza sulla base della frequenza di un determinato numero di anni di scuola – o di uno ius soli temperato – che preveda la cittadinanza per chi nasce nel Paese insieme ad altri requisiti – sono ancora dibattute. Quanto allo ius soli puro, spesso osteggiato come pericolo nel dibattito pubblico sul tema, non esiste in alcun Paese europeo.

Eppur si muove...
Secondo gli ultimi dati Istat, i minori stranieri sono più di un milione, di cui circa i tre quarti (778.000) nati in Italia. Il restante quarto (263.000) è nato all’estero ed è arrivato con il ricongiungimento familiare. Nel contempo, però, 213.000 giovani di età inferiore ai 18 anni hanno già acquisito la cittadinanza italiana per trasmissione, cioè in modo automatico, al momento della naturalizzazione di un genitore.

A inizio 2020 erano oltre 1.250.000 le persone residenti di origine extraUe naturalizzate italiane. In altri termini, nonostante una legge tra le più restrittive d’Europa, coloro che arrivano alla cittadinanza italiana sono un numero considerevole, una media di 125.000 persone l’anno nell’ultimo decennio anni, come indica il grafico.

Non solo numeri
L’aumento di nuovi cittadini rispecchia più che altro il forte aumento di immigrati avvenuto negli anni Duemila in Italia, ma non significa che la legge sia adeguata. A decine di migliaia non riescono a ottenere la cittadinanza, anche se presenti in Italia da 10-20 anni e talvolta molti di più, per non parlare di giovani che sono in Italia dalla nascita e che non possono ottenerla.

Per riformare la legge sulla cittadinanza, bisogna chiedersi cos’è oggi la cittadinanza e quale Italia si vuole costruire.

Oggi la cittadinanza risulta quasi un “premio” da ottenere a costo di numerosi sforzi e sacrifici dimostrando di esserne “all’altezza”, ma potrebbe essere pensata come un mezzo per l’integrazione, per mandare un messaggio a quanti vivono da anni nel Paese pagando le tasse e rispettando le regole: potrebbe essere un modo per includere e valorizzare la presenza di persone che, al di là degli atti formali, già esercitano ogni giorno forme di cittadinanza.

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Last modified on Sabato, 02 Aprile 2022 11:38

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