Domenica, 23 Giugno 2019 08:28

Donne, speranza in Mali

Il Mali è un gigante al centro dell’Africa dell’Ovest, che dal 2012 affoga in un’interminabile guerra civile. Donne e informazione sono due elementi fondamentali su cui basare la pace.

Donne e informazione indipendente. Due punti di partenza fondamentali per la speranza dell’Africa. Per alcuni Stati un partner strategico e commerciale d’eccezione, per altri una bomba migratoria da disinnescare.

In ogni caso, l’Africa continua a vivere e a lottare per risolvere i propri problemi interni. Nel Sahel, in Paesi come il Mali, la società civile si impegna ogni giorno per ottenere pace e sicurezza. Donne e giornalisti sono in prima linea, consci del passato e aperti al futuro.

Il Mali è un gigante al centro dell’Africa dell’Ovest, che dal 2012 affoga in un’interminabile guerra civile tra etnie e gruppi armati. 18 milioni di abitanti, ex colonia francese, sette etnie principali e un’instabilità politica che sembra insanabile.

Agli European Development Days, le Giornate dello sviluppo Ue contro le diseguaglianze che si sono svolte a Bruxelles la scorsa settimana, molto si è parlato di questo continente e di questo Stato. Nene Konate, direttore esecutivo dell'Istituto malese per la ricerca di azione per la pace (IMRAP), parla a L’Indro convinta del ruolo che le donne possono avere nel processo di pace, per portare il Paese alla chiusura della guerra, una volta per tutte.

«Le donne hanno un grande potere sugli uomini grazie al livello di fiducia e di confidenza che mantengono. Soprattutto i bambini, spesso vittime di violenza, possono essere aiutati dalle donne grazie al loro ruolo materno di estrema fiducia. Abbiamo bisogno di un processo partecipato, costruttivo e inclusivo per uscire dalla crisi: serve la partecipazione della base che vive veramente la crisi – ovvero delle donne, dei giovani e dei bambini».

La soluzione che propone Konate passa per la società civile, soprattutto attraverso la società femminile che è poco rappresentata in tutti gli ambiti della vita politica e istituzionale. In questo contesto si inserisce anche la missione Minusma delle Nazioni Unite che ha puntato sulle donne peacekeepers per agevolare il rapporto con la popolazione femminile: «Essere donna comporta vantaggi: l’interazione è più immediata e spontanea» spiega il Capitano Benedetta Tatti. La collaborazione vera, poi, si è raggiunta grazie a riunioni e dibattiti molto partecipati e fruttuosi, in cui le donne hanno avuto voce in capitolo.

La situazione in Mali non potrà essere risolta solo dalle donne, ma se c’è una strada che può portare alla pace, è quella che coinvolge tutti e tutte.

Last modified on Domenica, 23 Giugno 2019 08:34

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