Domenica, 27 Febbraio 2022 09:37

Marcella: resistere alla violenza e all’oblio

Nel IV secolo a Roma si può trovare un po’ di tutto: lingue che si mescolano, sogni di grandezza che già mostrano crepe e cedimenti, alleanze e anche conflitti fra l’antica religione pagana e la nuova – e già molto litigiosa – comunità cristiana. In tutto questo ci viene incontro una donna, Marcella. In maniera più chiara che mai dobbiamo dire che esce dall’ombra e attraversa il silenzio. Prima di tutto è rimasta una specie di “calco”: non abbiamo suoi scritti, ma ne sentiamo eco nelle lettere di Girolamo. Dalle sue risposte si capiscono le domande di lei, dalle richieste e dalle scuse del “santo” monaco ci sembra di incontrarla, decisa e autorevole. L’epilogo della sua vita è drammatico per la violenza di soldati; vittime del meccanismo della guerra cercano di placare l’arsura predando e stuprando: Marcella muore nel Sacco di Roma del 410, difendendo dal branco la giovane compagna. Vediamo ora se il suo “calco” prende vita.

La Bibbia sull’Aventino
Per prima cosa sfatiamo una fake news ben radicata: sul bel colle romano, delle donne e alcuni uomini si trovavano a pregare e leggere la Scrittura, senza fare in tutto vita comune: è il Circolo dell’Aventino. Peccato che si trovi spesso scritto che il fondatore sarebbe Girolamo: niente affatto! Il non proprio tranquillo monaco racconta di essere stato avvicinato (ep. 127) da Marcella, che già animava il gruppo, e di essere stato invitato a salire a casa sua. Lei è una giovane vedova e anima gli incontri; prima fa vita comune con sua madre, poi con una ragazza.

Ormai distante da Roma, Girolamo scrive lettere anche a lei: scopriamo così che pregano in latino, ma anche in greco e in ebraico, e che discutono sui significati dei termini tecnici trovati nei salmi. Marcella è molto esperta: alcuni preti romani si recano da lei «se sorge qualche disputa a proposito di un testo della Scrittura». Marcella non si sottraeva, ma attribuiva la soluzione a Girolamo «per non umiliare il sesso virile»; quei preti proprio non erano abituati a ricevere insegnamenti da una donna.

Il mio deserto è a Roma
Alcune amiche, come Paola e la figlia, decidono di tagliare i ponti con le convenzioni, lasciare Roma e raggiungere Girolamo in Palestina.

Marcella invece resta dove aveva iniziato le sue riunioni. Le due le scrivono (ep. 46), ma invano: «Noi tue discepole, tu la maestra, quando ancora il nostro desiderio era incosciente tu ne hai fatto sprizzare la scintilla, ci hai stimolate con la parola e l’esempio, ci hai radunate come una chioccia i pulcini». Affastellano – forse insieme a Girolamo – citazioni bibliche, ma se ne scusano: «Dirai che non sono fatte nel giusto ordine». Libere loro di andare, altrettanto lei: non ha bisogno di seguire il monaco, il suo deserto è a Roma.

Un dito sulle labbra
Che le amiche si scusino, ci sta: ma Girolamo non si è scusato mai, neppure con Agostino! Eppure in una lettera (ep. 29) si scusa con Marcella perfino di essere arrugginito nello stile latino. In un’altra se la prende con l’avversario di turno (ep. 27), ma poi si interrompe: «Sono certo che mentre leggi queste cose corrughi la fronte in segno di disapprovazione; se fossi qui mi metteresti le dita sulle labbra per farmi chiudere la bocca e non farmi dire queste cose».

Una donna forte, esperta della vita e della Scrittura, che affronterà anche i soldati per salvare la sua amica. Una donna con profonde amicizie: anche con il rude Girolamo, al quale dobbiamo, alla fine, la possibilità di sottrarre Marcella all’oblio.

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Last modified on Domenica, 27 Febbraio 2022 09:45

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