Venerdì, 27 Dicembre 2019 20:07

Verso una prospettiva globale

Il 10 dicembre 2018 – a conclusione del primo negoziato intergovernativo su tutte le dimensioni della migrazione internazionale –, nella Conferenza di Marrakech, preparata sotto gli auspici delle Nazioni Unite, 164 Paesi membri su 193 sottoscrivevano il Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare, che il 19 dicembre veniva formalmente approvato dall’Assemblea Generale dell’Onu con 152 voti a favore, 5 contro e 12 astensioni, fra cui quella dell’Italia. A un anno di distanza, qual è la rilevanza del Patto e quali percorsi ha avviato?

Il Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare, non vincolante e pertanto non lesivo della sovranità degli Stati, è il risultato di un processo di consultazione trasparente e aperto con le varie parti interessate, inclusi rappresentanti della società civile e delle comunità della diaspora, degli stessi migranti, del settore privato, del mondo accademico, dei media, dei sindacati e dei parlamentari.

Compromesso al rialzo
Negoziato in un clima politico particolarmente difficile, caratterizzato da crescente xenofobia e nazionalismo, il Patto rappresenta il miglior compromesso possibile tra gli Stati dell’Onu. A partire dal rispetto dei diritti umani, ribadisce che la cooperazione multilaterale è ideale nella gestione dei flussi migratori. In effetti, questi ultimi persisteranno a lungo e potranno anche aumentare a causa di conflitti, povertà, diseguaglianze sociali, violazione dei diritti umani, cambiamenti climatici e disastri naturali.

Ambiguità irrisolte
Alcune caratteristiche e ambiguità del Patto potranno trasformarsi in ostacoli alla sua realizzazione concreta; per esempio, non è previsto un calendario preciso della sua attuazione e neppure un efficace sistema per monitorarne i risultati.
Il Patto rispetta la sovranità degli Stati, confermando, nello stesso tempo, il loro obbligo di osservare le norme di diritto internazionale. Questo potrebbe ingenerare “tensione” tra sovranità nazionale e protezione dei diritti umani, da tempo al centro di ampi dibattiti.
Il Patto non obbliga gli Stati membri a contributi economici, che rimangono puramente volontari, e in relazione ad alcune problematiche politicamente molto “sensibili”, come il “non-respingimento” o l’accesso a dati personali, utilizza un linguaggio troppo vago.

Grave disinformazione
In molti Paesi non esiste una corretta e obiettiva informazione sul Patto: alcuni media lo presentano come lesivo della sovranità degli Stati, che perderebbero il controllo dei loro confini, mentre è esattamente il contrario, perché il Patto contrasta l’immigrazione irregolare e il traffico di esseri umani.
I Paesi che chiudono i confini spingono un maggior numero di persone nelle mani dei trafficanti: è la mancanza di vie regolari all’immigrazione che mette a rischio la sicurezza interna.
I media hanno spesso descritto i flussi migratori come uno “tsunami” pronto ad abbattersi sull’Unione Europea: in realtà, circa l’80% delle migrazioni dai Paesi africani rimane circoscritto in Africa. Chi si preoccupa del numero dei migranti nei Paesi dell’Ue dovrebbe considerare, per esempio, la situazione del Libano, dove il rapporto migranti/nazionali è di uno a quattro.
La società civile può fornire un’informazione più obiettiva, ridimensionando false paure e contrastando crescenti episodi di xenofobia e di razzismo. L’Ngo Committee on Migration, per esempio, ha preparato una breve introduzione al Patto Globale, fornendo informazioni sul suo significato, gli obiettivi e le modalità di realizzazione. Ha anche realizzato una infografica per contrastare i falsi miti che alimentano atteggiamenti razzisti. Anche la stretta relazione tra cambiamenti climatici e migrazione è stata analizzata in una breve guida consultabile sul sito dell’Ngo Committee on Migration.

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Last modified on Venerdì, 27 Dicembre 2019 20:21

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