Martedì, 30 Giugno 2020 16:09

Come il covid-19 ti cambia la vita

In Africa occidentale, il primo caso di covid-19 è dichiarato il 27 febbraio. Si tratta di un lavoratore italiano rientrato in Nigeria da pochi giorni. Da allora è un crescendo di contagi, ma senza l’ecatombe sanitaria paventata il 19 marzo da Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms: «L’Africa si prepari al peggio!». Il virus uccide meno del previsto, ma sono le misure per arginarlo che hanno effetti disastrosi

Nell’Africa occidentale la pandemia ha raggiunto 14 dei 15 Paesi Ecowas: Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo. Su una popolazione totale di poco superiore a 400 milioni, di cui oltre 200 in Nigeria, il 18 giugno la regione contava 53.812 casi ufficialmente accertati, di cui 1.009 decessi e 28.543 guarigioni.

Gestione sanitaria accorta
Facendo tesoro delle raccomandazioni dell’Oms e dell’esperienza di altri Paesi divenuti epicentro della pandemia, l’Africa occidentale è in generale riuscita a gestire abbastanza bene la crisi sanitaria.
Le misure di chiusura e il confinamento sono stati solleciti, diversificati e imposti con decisione in aeroporti, scuole, università, stadi, chiese e moschee. Alcune grandi città sono state messe in quarantena e la stretta sorveglianza è stata talora rafforzata dal coprifuoco. Molto creative le campagne di informazione, che hanno fatto ricorso anche a murales e arte di strada.

È possibile che la carenza di presidi sanitari non permetta diagnosi diffuse e accurate, ma nel complesso il virus non ha oltremodo seminato morte. Molto più deleteri risultano invece i suoi effetti indiretti.

Flussi bloccati
L’Africa occidentale è attraversata da consistenti flussi migratori. Il rapporto dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) pubblicato nell’agosto 2019 parlava di 8,4 milioni di migranti, che per i 2/3 si spostano entro la regione, mentre solo il 7,5 % si dirige in Europa.
La chiusura delle frontiere e i limiti agli spostamenti hanno già ridotto i flussi migratori: fra gennaio e marzo 2020 l’Oim ne ha registrati il 28% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Molto più marcata la contrazione lungo le principali rotte migratorie: -86% in Niger, -70% in Guinea e -63% in Mali.
I controlli fra Togo e Ghana sono rigorosi, e chi intende varcare la frontiera rimane in quarantena in centri presidiati dalle forze dell’ordine. Anche gli spostamenti giornalieri che alimentano piccole attività commerciali fra i due Paesi sono gravemente penalizzati. Con la frontiera sigillata, c’è comunque chi trova altre rotte per arrivare a destinazione e guadagnarsi il pane.

Effetti sociali disastrosi
Le restrizioni imposte alla mobilità hanno avuto conseguenze disastrose soprattutto per migranti e nomadi. Anche chi vive della coltivazione della terra non ha potuto raggiungere i campi, che di solito si trovano lontano dai villaggi.
Per di più, la pandemia è sopraggiunta proprio in un periodo cruciale, ovvero nei mesi in cui la gente prepara i campi per la semina o si sposta con il bestiame. Sono attività che si ripetono ogni anno nel mese di aprile, che vede l’inizio della principale stagione agricola e della transumanza. I pascoli cominciano a seccare e i pastori vanno in cerca di acqua e foraggio per gli animali. Con la chiusura delle frontiere, queste migrazioni stagionali si sono drasticamente interrotte, come pure l’accesso ai mercati del bestiame e dove procurarsi generi di prima necessità.

Anche i prodotti agricoli raccolti nelle zone rurali non hanno trovato sbocco commerciale e i prezzi dei generi alimentari sono lievitati insieme alla disperazione della gente: molte famiglie hanno visto arrestarsi i trasferimenti di denaro dall’estero, e per molte di loro questi costituiscono l’entrata principale.

Togo, fra inventiva e solidarietà
Con una popolazione prossima a 8,6 milioni, il Togo ha registrato il primo caso di covid-19 il 6 marzo. Dieci giorni dopo, il governo adottava misure per arginare il contagio e chiudeva le frontiere, riservando alcune strutture sanitarie ai pazienti covid. Decretava la chiusura di scuole, università e luoghi di culto su tutto il territorio nazionale, il divieto di assembramenti di più di 50 persone, il blocco delle discoteche e la sospensione di tutte le attività culturali e sportive. È stato dichiarato anche il coprifuoco e alcune città, fra cui Lomé, Tsévié, Kpalimé e Sokodé, sono state sigillate.

Continua...

Last modified on Martedì, 30 Giugno 2020 16:14

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