Mercoledì, 31 Agosto 2022 21:10

Frammenti di storia

Il nuovo millennio inizia con il Giubileo dell’anno 2000, che vede un fiorire di iniziative per il condono del debito internazionale dei Paesi “impoveriti”. Le compagnie multinazionali sfruttano le terre e i popoli che le abitano in modo scandaloso: estrarre “cibo”, legname, petrolio e minerali preziosi aggrava la distruzione ambientale e provoca la migrazione forzata di intere popolazioni, soprattutto in America Latina e in Africa.

A cavallo del nuovo millennio si registra il progresso dell’integrazione europea con l’adozione della moneta unica in molti Paesi dell’Ue.

PACE NON C’È
L’11 settembre 2001 il cuore della finanza mondiale viene attaccato a New York da un commando suicida di al-Qaeda: le vittime civili sono 2.606 e le persone ferite 6.400. Altre 125 muoiono poco dopo nell’attacco al Pentagono, e 246 nei quattro voli dirottati dai terroristi. Il 7 agosto 1998, al-Qaeda aveva già distrutto l’ambasciata statunitense a Nairobi (Kenya), uccidendo 213 persone e ferendone più di 4.000, mentre l’attentato simultaneo a Dar es Salaam (Tanzania) registrava 11 persone uccise e 85 ferite: anche allora migliaia di persone innocenti erano rimaste coinvolte. La risposta del governo Usa, altrettanto violenta, non si fa attendere: il 7 ottobre 2001 il presidente statunitense George W. Bush invade l’Afghanistan, Paese che ospita militanti di al-Qaeda. Le truppe americane si ritireranno nell’agosto 2021 e i Talebani torneranno a imporre il loro fondamentalismo.

L’11 marzo 2004 lo stesso Bush dichiara guerra anche all’Iraq, falsamente accusato di detenere armi di distruzione di massa, ma ciò che interessa è il suo petrolio.

CRISI E “PRIMAVERE”
Nel 2007 inizia negli Usa una grave crisi finanziaria, che dilaga globalmente. Dal 2008 travolge anche l’economia europea: aumenta la povertà della “classe media” mentre manovre speculative arricchiscono cerchie ristrette di manager e oligarchi. Nel 2008 la Grecia, incapace di ripagare il debito pubblico, rischia il fallimento: lo evita grazie a un risanamento dei conti pubblici imposto dall’Unione Europea e pagato a caro prezzo dalla cittadinanza.
Nel dilagare di una crisi economica mondiale, l’unico Paese che continua a prosperare è la Repubblica Popolare Cinese.

Nel 2011, in Siria e nei Paesi del Nord Africa la popolazione protesta per l’aumento di prezzo del cibo: iniziano le “primavere arabe” che rovesciano i governi di Tunisia, Algeria ed Egitto. In Libia viene ucciso il dittatore Gheddafi e il Paese precipita nel caos, con migliaia di profughi che raggiungono l’Italia e altri Paesi dell’Europa meridionale. Anche in Siria e Yemen, di quelle “primavere” rimane solo la guerra.

Questi eventi drammatici relegano nell’ombra violenze che dilagano da anni in altre parti del mondo, soprattutto nel cuore dell’Africa (Repubblica democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Sudan meridionale, Uganda settentrionale) e in Israele/Palestina.

NEL CUORE DELL’AFRICA…
Quali interessi mantengono in perenne instabilità l’Africa centrale (Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Uganda, Repubblica democratica del Congo)?
Nell’ottobre 2002 il presidente della Repubblica Centrafricana viene deposto da un colpo di stato e nel marzo 2003 prende il potere il generale Bozizé. Da allora i disordini diventano ricorrenti per esplodere nel 2013, con lo scontro tra milizie Seleka e Anti-balaka. La classe politica è incapace di affrancarsi dagli interessi geopolitici delle potenze straniere e il popolo rimane la prima vittima dell’insicurezza, che fino a oggi frammenta il Paese.

I negoziati per porre termine a cinque decadi di guerra civile in Sudan si concludono con successo in Kenya e il 9 gennaio 2005 viene solennemente firmato a Nairobi il Trattato di Pace (Comprehensive Peace Agreement – Cpa): la guerra è “sospesa”, le zone devastate iniziano a ripopolarsi e i ricchi giacimenti di petrolio a fruttare di più, ma le tensioni permangono, si aggravano alla vigilia della proclamazione dell’indipendenza del Sud Sudan e nel dicembre 2013 esplodono in una nuova guerra civile tra fazioni che erano contrapposte prima del 2005 e che ancora si combattono.

… RISORSE CONTESE
Dal 1989 la popolazione del Nord dell’Uganda è vittima di incursioni efferate dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra) capeggiato da Joseph Kony: reclama giustizia per l’etnia acioli, discriminata dal governo di Museveni, ma proprio questa ne è la prima vittima. I villaggi della regione sono distrutti e migliaia di persone uccise e rapite dalle milizie di Kony, e la popolazione non è risparmiata neppure dalle operazioni dell’esercito regolare. Dopo il Trattato di Pace in Sudan, l’Lra si ritira nella regione orientale della Repubblica democratica del Congo. Nel 2011, consiglieri militari Usa collaborano con i governi di Uganda e Sud Sudan per catturare Kony, che sfugge ma non riesce più a terrorizzare la regione. L’intervento Usa è una strategia per controbilanciare la crescente influenza cinese in Africa?

Dal 1996 il governo di Museveni è direttamente coinvolto anche nella guerra in Zaire (poi Repubblica democratica del Congo), diviso tra governo congolese, Ruanda e Uganda. Nell’aprile del 1999, Angola, Zimbabwe e Namibia si schierano con il presidente congolese Laurent Kabila e bloccano l’avanzata delle milizie sostenute da Ruanda e Uganda. Il 26 gennaio 2001 Kabila viene ucciso e gli succede il figlio Jo-seph, che firma un accordo di pace. La calma è solo apparente, perché “gruppi ribelli” continuano a devastare l’Ituri e il Kivu per controllarne le immense risorse. Dal 1998 si stimano più di 6 milioni di persone uccise, stuprate o rese profughe dalle milizie ribelli e dalle truppe governative. La missione di pace Onu (Monusco) denuncia le violazioni ma, scandalosamente, non interviene.

AFRICA: UN CORNO STRATEGICO?
Dal 1991 la Somalia è dilaniata da una guerra civile che successivi contingenti di pace Onu non riescono a risolvere. Nel 2006 gli scontri sono alimentati anche dal fondamentalismo islamico. Nel 2009 l’Etiopia depone il governo dell’Unione delle Corti islamiche (Uci), sostenuto dall’Eritrea, ma le milizie fondamentaliste, attive nelle zone rurali, continuano a devastare il Paese con ripetuti attentati.

Anche il conflitto tra Eritrea ed Etiopia, iniziato nel 1998, si ripercuote sui rispettivi popoli. La pace viene firmata a Gedda, in Arabia Saudita, nel 2018, ma nel 2019 il governo eritreo chiude di nuovo le frontiere e alla fine del 2020 la devastazione del Tigrai, nel Nord dell’Etiopia, evidenzia tensioni etniche e conflitti ancora irrisolti.

Nel frattempo, la Cina prende il controllo del porto di Gibuti e vi costruisce una base militare.

AMERICHE IN TRANSIZIONE
In America Latina gli inizi del millennio registrano progressi in alcuni Paesi e regressi in altri. Il Brasile si espande economicamente con il governo di Lula, la pace in Colombia offre barlumi di speranza, mentre il Venezuela precipita in una grave crisi umanitaria. Lo sfruttamento delle risorse naturali aumenta e costringe decine di migliaia di persone a lasciare la propria terra: immense carovane di migranti iniziano il loro esodo verso le città e, ancor più, verso gli Usa.

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