Dibattito Salvini-Anci, ma a perdere sono le donne Il Manifesto
Venerdì, 04 Gennaio 2019 11:25

Dibattito Salvini-Anci, ma a perdere sono le donne

Molti sindaci si rifiutano di mettere in atto la Legge Salvini, il vicepremier risponde con minacce e chiusura. A perderne, ancora una volta, chi ha davvero bisogno di aiuto: i migranti, e in particolare le donne.

Il 3 dicembre 2018, il decreto 113/18, noto come Decreto immigrazione e sicurezza, è divenuto legge della Repubblica Italiana.

Considerato da molti incostituzionale, il decreto viola i diritti umani e alimenta sentimenti di insofferenza e odio verso i migranti e tutti i “diversi” che chiedono aiuto. Una legge insidiosa, che si esprime in due forme principali:
- nascere fuori dall’Italia è una colpa insanabile,
- diventare cittadini italiani è pressoché impossibile.

Da Palermo a Milano questa legge ha risvegliato l’opposizione dei sindaci che minacciano ribellione e dimissioni se il testo non verrà discusso e rivisto in tempi stretti. Leoluca Orlando, il primo a lanciare la sfida a Salvini, annuncia ricorso alla magistratura contro la norma e lancia un’ulteriore provocazione: «Tutti i regimi hanno iniziato con una legge razziale spacciata per sicurezza».

È indubbio che le implicazioni del decreto sicurezza siano rilevanti per chiunque, ma lo sono in modo particolare per le donne. La denuncia arriva con un comunicato stampa di Dire, la rete dei centri anti-violenza. Uno degli elementi più contestati è l’eliminazione della protezione umanitaria. A differenza dell’asilo politico, accordato quasi esclusivamente in base al paese di provenienza, la protezione considerava la condizione individuale del richiedente, e veniva concessa a chi scappava da catastrofi naturali, discriminazioni, estrema povertà o situazioni di violenza. Per molte donne vittime di tratta ottenere la protezione umanitaria era il primo passo per uscire dalla condizione di schiavitù.

Un’altra novità della Legge Salvini è l’aumento da 3 a 6 mesi del tempo massimo di permanenza nei Cpr (Centri per il rimpatrio) per chi perde o non ottiene il permesso di soggiorno. In queste strutture, spesso denunciate per le pessime condizioni igieniche e sanitarie, sono recluse molte donne. Le donne migranti, infatti, sono più soggette a contratti di lavoro a tempo o al lavoro nero e quindi sono le più esposte al rischio di non vedersi rinnovare il permesso. Anziché far funzionare e migliorare le misure esistenti, costruite anche in collaborazione con le organizzazioni che da anni lavorano sulla violenza contro le donne, si rendono inutili queste strutture e si creano innumerevoli difficoltà per le donne convolte in quell’inferno che può essere la schiavitù, la tratta e il lavoro nero.

In questo modo si arriva davvero a disegnare un’Italia fatta di cittadine e cittadini di serie A e di serie B, la cui cittadinanza è un requisito vincolato e privo delle garanzie e tutele che uno stato deve a ogni essere umano residente sul proprio territorio.

Inoltre, le nuove norme sulla cittadinanza restringono quelle vigenti, in particolare allungano i tempi di acquisizione della cittadinanza attraverso il matrimonio. Anche questa misura colpisce soprattutto le donne straniere che, stando alle statistiche Istat, sono il quadruplo rispetto agli uomini nei matrimoni misti.

Che il governo non abbia a cuore i migranti è dimostrato anche dal rifiuto del governo di firmare il Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare stilato in Marocco lo scorso dicembre da tutti i paesi che voglio creare una stretta cooperazione in materia di migrazione internazionale in tutte le sue dimensioni. Un Patto che vede le migrazioni come ricchezza e non come invasione, come opportunità e non come emergenza.

Last modified on Venerdì, 04 Gennaio 2019 12:44

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