In attesa di agire Shamsia Hassani
Martedì, 26 Ottobre 2021 13:48

In attesa di agire

Come le attiviste di Pangea, tantissime altre donne avrebbero voluto entrare nell’aeroporto di Kabul e mettersi in salvo con quel ponte aereo precipitoso e caotico che ha accolto migliaia di afghani in fuga. Ma non ci sono riuscite

Dal 15 al 28 agosto poche donne osavano uscire in strada per raggiungere l’aeroporto di Kabul in cerca di scampo, soprattutto se non avevano un burqa a portata di mano. Molte hanno cercato di varcare i confini via terra, e moltissime sono rimaste “sepolte” in casa. Ma c’è ancora un modo per sottrarle alla violenta oppressione talebana: l’attivazione di evacuazioni mirate. Dal 2016 l’Italia è stata pioniera nell’accogliere persone particolarmente vulnerabili attraverso il partenariato pubblico-privato dei “corridoi umanitari” avviati dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Tavola Valdese.

Corridoi di speranza
Il 16 agosto, prima che terminasse l’umiliante ritirata da Kabul, gruppi eterogenei per affiliazione politica e religiosa lanciano una petizione al governo italiano per «portare in salvo» coloro che rischiano ritorsioni e torture, anzitutto perché donne.
Il gruppo Donne 22 febbraio di Brescia, l’associazione laica di ispirazione cristiana Le rose bianche, le Donne in nero e anche Il Manifesto... In pochi giorni la petizione raccoglie quasi 500.000 firme e sollecita il governo italiano ad aprire “corridoi umanitari” dall’Afghanistan.
La Tavola Valdese e la Comunità Sant’Egidio, che dal 2016 gestiscono “corridoi umanitari” per profughi, in prevalenza siriani e sudanesi, in arrivo dal Libano e dall’Etiopia, hanno ribadito la loro disponibilità al governo italiano, ma trovare una formula consona alla situazione afghana è oltremodo difficile: le persone più esposte alle ritorsioni talebane, in particolare le donne, non riescono a fuggire dal Paese.

Tentativi in atto
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è riuscito a promuovere un’azione congiunta del G20: sebbene i presidenti di Cina e Russia si siano fatti rappresentare da figure marginali, il 12 ottobre è arrivata la prima risposta multilaterale alla crisi afghana. Per scongiurare una catastrofe umanitaria la conferenza ha concordato di assistere il popolo afghano attraverso l’Onu; senza dare riconoscimento al governo talebano il G20 ha stanziato i primi fondi diretti alla popolazione affamata.

 

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Last modified on Martedì, 26 Ottobre 2021 14:07

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