Lunedì, 04 Ottobre 2021 20:34

In ascolto delle predicatrici valdesi

Le comunità catare e il movimento delle beghine sono parti importanti del contesto del Duecento in cui si sviluppa la predicazione femminile delle donne legate ai “Poveri di Lione”, come inizialmente si fanno chiamare i valdesi. Le accomunano la povertà come scelta di campo accanto alle fasce indigenti della popolazione e la decisione di mantenersi con il lavoro affiancando a esso la spiritualità.

Fin dai primi anni vi sono tracce di riconoscimento della vocazione delle sorores, per analogia a quella dei freires, legata a una serie di semplici voti. Se le case delle beghine sono centri in cui poter pregare e ricevere un insegnamento sulla Scrittura, le predicatrici valdesi escono invece nelle vie e sulle piazze, seguendo in questo l’esempio degli uomini del movimento.

Donne “in uscita”
Sulle piazze della Provenza predicano, accolgono le confessioni, annunciano il perdono di Dio. La loro predicazione sembra incentrata proprio sul tema del perdono, in contrapposizione alla logica della vendetta e alla pena di morte inflitta su quelle stesse piazze come mezzo di controllo della società e della Chiesa. Montauban, Nîmes, ma anche Strasburgo e poi il Delfinato (la zona delle attuali Valli Valdesi) sono i luoghi in cui si attesta la presenza di queste predicatrici senza nome che annunciano la resurrezione di Gesù nella lingua della gente, sui sagrati delle chiese e nelle case, dove insegnano e guidano la preghiera. Chiamate bonnes dames o magistrae, ma nascoste, nelle dichiarazioni estorte sotto tortura agli uomini del movimento, come “madre di”, “moglie di”, per impedire che anche loro venissero arrestate; ma una delle prime persone finite sul rogo con l’accusa di “valdesia” è proprio una donna, Alasia.
Le predicatrici, accusate di stregoneria, in riferimento a 1Tim 5,13 vengono anche denigrate come «donnicciuole» che vanno in giro spettegolando e non hanno alcuna sapienza in sé.

Comunità pioniere
Quasi subito nascono ospizi in cui uomini e donne vivono insieme lavorando e costituendo una comunità di fede: luoghi di predicazione e insegnamento, ma anche case aperte alle necessità dei poveri, dei malati, delle donne senza risorse. Queste case diventano un luogo di rifugio e persino di formazione per i predicatori itineranti, detti “barba”, e in tutta Europa si sviluppa ben presto una fitta rete di ospizi. I futuri “barba” devono passare alcuni anni in uno di questi ospizi: dopo aver studiato la Bibbia e un po’ di storia della Chiesa, dopo aver assimilato i detti di Gesù e i testi dei vangeli, devono entrare in contatto con quella parte di società più povera che ha bisogno di risposte di fede ma anche di aiuto materiale.

In questi ospizi si celebrava anche l’eucarestia, e non è un caso che un tema sottoposto al primo Sinodo, quello di Bergamo del 1232, sia stato la questione della sua presidenza. Mentre i Poveri Lombardi non ammettevano laici né donne, per i Poveri di Lione una bonne dame poteva presiedere la Cena del Signore.
Insomma, tutti i temi che ancora oggi tengono accesa la nostra attenzione nella Chiesa già vengono posti nel Duecento e nel Trecento: donne che predicano e presiedono l’eucarestia, il riconoscimento dei loro doni e la loro aspirazione alla giustizia.

 

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Last modified on Lunedì, 04 Ottobre 2021 20:41

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