Lunedì, 31 Maggio 2021 16:06

Donne, cibo e migrazioni ambientali

Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, alla fine del 2019 i migranti forzati nel mondo erano 79,5 milioni, praticamente raddoppiati rispetto al 2010, quando erano 41,1 milioni. Tra loro non è possibile definire quanti siano maschi e quante femmine, perché mancano dati disaggregati per genere.

Non è l’unico caso in cui risulta complicato ottenere informazioni specifiche di genere; questo limite statistico ricorre in tanti altri ambiti di primaria importanza e dovrà essere risolto affinché le politiche volte a ridurre il gender gap, ovvero il divario fra maschi e femmine, non rimangano solo buone intenzioni

Cause in divenire
Fra le principali cause di migrazioni forzate ci sono i conflitti e l’instabilità politica: non a caso nel 2019 i primi Paesi di provenienza di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni sono la Siria (6,6 milioni di persone), devastata da una guerra decennale, il Venezuela, afflitto da una grave instabilità politico-economica (3,7 milioni), e Paesi come Afghanistan (2,7 milioni), Sud Sudan (2,2) e Myanmar (1,1 milioni), pervasi da violenza endemica. Di questi 5 Paesi sono più dei due terzi dei migranti forzati – detti anche genericamente profughi – del mondo.
Ma una causa crescente, soprattutto in relazione agli spostamenti interni ai singoli Paesi, è costituita dalle catastrofi ambientali, esacerbate dal cambiamento climatico. Nel 2019, nei 145 Paesi monitorati dall’Idmc (Centro di monitoraggio degli spostamenti interni) vi sono stati 33,4 milioni di nuovi sfollati interni. Di questi, 8,5 milioni sono connessi a conflitti e instabilità politica, mentre ben 24,9 milioni, il 75% del totale, migrano per disastri ambientali. Di questi ultimi, 23,9 milioni sono costretti a fuggire per eventi scatenati dal cambiamento climatico, quali tempeste, inondazioni, incendi e cicloni, mentre il restante milione di profughi è determinato da terremoti ed eruzioni vulcaniche.

Più a rischio le donne
Per l’ulteriore innalzamento delle temperature terrestri, le cause ambientali incideranno sempre di più nell’indurre migrazioni forzate. Già oggi, secondo Oxfam, i cambiamenti climatici hanno tre volte più probabilità di causarle rispetto ai conflitti, e le proiezioni indicano che le aree più colpite dalla crisi ambientale, le quali daranno origine a cospicui flussi di popolazione, sono quelle più povere di Africa e Asia. Paradossalmente, quanti vivono in queste regioni sono anche i meno responsabili del riscaldamento della Terra, e tra di loro le donne costituirebbero la fascia di popolazione più vulnerabile.

In Africa
Nella regione orientale dell’Africa, da alcuni anni si alternano con crescente frequenza siccità e inondazioni, che generano una grave insicurezza alimentare; alcuni Paesi, come Somalia e Sud Sudan, soffrono anche per conflitti strutturali di lunga data. Inoltre, nella regione coesistono due fenomeni che aggravano ulteriormente la situazione: il land grabbing (accaparramento delle terre) e il water grabbing (accaparramento dell’acqua, energia idroelettrica compresa) da parte di governi e multinazionali straniere, che saccheggiano le risorse senza offrire in cambio alcun vantaggio alla popolazione locale.
A mano a mano che la situazione degenera, fino a diventare insostenibile da un punto di vista alimentare, i flussi migratori aumentano, sia all’interno dei confini che verso altri Paesi, coinvolgendo soprattutto le donne.

 

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Last modified on Lunedì, 31 Maggio 2021 16:12

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